Collaborazione

di Ermanna

Il mondo del lavoro richiede, tra le varie competenze,  la capacità di collaborare. Paradossalmente, questo sembra essere proprio ciò che l’uomo di oggi trova più difficile da inquadrare. Sembra che non ci si riesca a capire.

Spesso siamo convinti di essere persone collaborative. Chi ci sta intorno potrebbe non condividere la nostra affermazione. Cosa ci frena dal mettere in atto una fattiva collaborazione?

Ciò che a volte impedisce il condividere pensieri e mettere a disposizione capacità, conoscenze e informazioni è la paura. Paura di essere derisi perché non si crede veramente nelle proprie idee o in se stessi; paura che ci vengano sottratti suggerimenti geniali per i quali altri potrebbero prendersi il merito; paura di esporsi; paura di essere sfruttati, di fare il lavoro degli altri; paura di assumersi troppi impegni; paura di perdere opportunità; paura di perdere l’autorità acquisita; paura che dando qualcosa di sé se ne possa rimanere privi.
Altre volte l’ostacolo è il desiderio di dimostrare di essere i migliori, di non lasciarsi schiacciare, di sentirsi leader, o perché si è convinti di sapere qual è la cosa migliore; e via di seguito.
Franklin D. Roosevelt ha affermato “Competere è molto utile, ma solo fino ad un certo punto. Collaborare, invece, è quella cosa che inizia quando finisce la rivalità“.

Questi atteggiamenti accadono perché si intende questo termine come “lavorare con gli altri”. Etimologicamente deriva da Cum- labor- agere, fare un lavoro insieme e, per estensione, agire in armonia con chi lavora insieme a noi. La collaborazione, quindi, si colloca a un livello superiore rispetto al lavoro insieme. Collaborando le persone mettono in comune competenze, conoscenze, talenti, informazioni e risorse. Collaborare è mettere a disposizione quanto si è e quanto si ha per arricchire e per arricchirsi.

Saper collaborare prevede una serie di capacità che ogni uomo possiede e a cui ha la possibilità di dare spazio e sviluppare. Prioritariamente capacità che si possono definire interiori quali formulare pensieri originali e esprimerli in modo chiaro e inequivocabile; ascoltare l’altrui pensiero, sia razionale sia emozionale; entrare in empatia con gli altri. Altre doti più specifiche e personali che sono differenti da persona a persona, quali la capacità di coordinare idee e persone e la capacità di pianificare un percorso condiviso. Ultima, ma non meno importante, la capacità di adattamento. Questo origina la spontaneità e l’affiatamento che permettono di trovare il giusto equilibrio nella relazione paritaria tra le persone. Si creano quindi le condizioni per arrivare più facilmente al raggiungimento dell’obiettivo.

In internet, le immagini legate alla parola collaborazione si presentano accattivanti, colorate, dinamiche e spiritose. Ma più significativa di altre è quella che deriva dalla storia dell’asino di Buridano [1].

In questa immagine viene racchiuso tutto il significato della parola. Agire insieme per il bene comune, disinteressatamente, sapendo che tutti gioveranno del beneficio ottenuto. Si può obiettare che un asino potrebbe mangiare più dell’altro all’inizio, ma sarà già in parte sazio quando affronterà il secondo mucchio d’erba, permettendo anche all’altro di sfamarsi. Questa è la capacità di adattamento che il secondo asino mette in atto.

Perché è fondamentale la collaborazione? Semplicemente perché la sinergia tra le persone produce un risultato migliore rispetto a quanto potrebbe fare una persona da sola.

La collaborazione è vista soprattutto in campo lavorativo, ma è fondamentale anche in tutti gli altri ambiti della vita: in famiglia, con gli amici, nei rapporti condominiali, nei momenti più impensati come andare a fare spese, dal parrucchiere o semplicemente fare una passeggiata nel bosco o in riva al mare in perfetta solitudine. Come possiamo collaborare durante una passeggiata nel bosco? Collaboriamo con la natura ascoltandone i suoni, sentendone gli odori e percependo la bellezza delle forme e dei colori. Entrando in sintonia con essa. Rispettandone il suolo e la vegetazione, permettendo a chi passerà dopo di noi di godere della stessa magnificenza.

Collaborare è entrare in sintonia con chi e con ciò che ci sta intorno. È rispettare l’altro e permettergli di esprimersi, senza giudizio, nella condivisione e nella critica costruttiva delle idee, non della persona.

[1] Giovanni Buridano, filosofo francese del XIV secolo (Jean Buridan), spiegò il suo pensiero con la metafora dell’asino che, posto di fronte una scelta difficile, un secchio di cibo e uno di acqua posti alla stessa distanza, non sapendo decidere se avesse più fame o più sete, non si mosse e morì di fame e di sete. L’indecisione paralizzante tra due scelte, tra due soluzioni a un problema viene definita “fare l’asino di Buridano”. Si presume che siano stati i detrattori del filosofo a introdurre questo modo di dire per dimostrare l’infondatezza delle sue teorie. Il filosofo era convinto, infatti, che la volontà agisce se l’intelletto ha trovato una soluzione, mentre di fronte a una scelta tra due opzioni ritenute equivalenti dall’intelletto, la volontà si blocca. http://www.sapere.it/sapere/strumenti/domande-risposte/di-tutto-un-po/perche-si-dice-fare-asino-buridano.html ”Sapere.it”

Inizia il viaggio…

Estratto da: ” Il buon libro” di Anthony C. Grayling – Ed. Ponte alle Grazie

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Nel giardino c’è un albero. In primavera fiorisce, in autunno dà frutti. Il suo frutto è la conoscenza, insegna al buon giardiniere come comprendere il mondo. Da esso egli apprende che l’albero si sviluppa dal seme all’arboscello, dall’arboscello alla maturità, finalmente pronto a offrire altra vita; e dalla maturità fino alla vecchiaia e al silenzio, da cui ritorna agli elementi delle cose. A loro volta gli elementi alimentano nuove nascite; è questo il sistema della natura, nonchè il parallelo con il procedere dell’umanità. È stato con la caduta  di un frutto da quest’albero che è venuta l’ispirazione per l’indagine sulla natura delle cose, quando Newton, seduto nel suo giardino, vide ciò che nessun altro aveva mai visto prima: che una mela attrae la terra a sè, come la terra attrae la mela, mediante una reciproca forza della natura che tiene tutte le cose, dai pianeti alle stelle, in un abbraccio unitario. Così tutte le cose sono raccolte in una: l’universo naturale, nel quale stanno tanti mondi: le sfere di luce in un’immensità di spazio e tempo, e tra esse i satelliti, su uno dei quali sta una parte della natura che rispecchia in sé la natura, e può ponderare la propria bellezza e il proprio significato e cercare di comprenderla: il genere umano. Tutte le altre cose, nei loro cicli e nei loro ritmi, esistono in sé e a sé; ma nell’umanità c’è anche l’esperienza, ossia ciò che fa il bene e il suo contrario, e in entrambi l’umanità cerca di cogliere il senso delle cose

– Anthony C. Grayling, Il buon libro – Ed. Ponte alle Grazie