Auguri

“V’è nel sentimento dell’amore qualcosa di singolare,
capace di risolvere tutte le contraddizioni della vita
e di dare all’uomo quel bene completo,
la cui ricerca costituisce la vita”
L. Tolstoy,      “Anna Karenina”

 

È giunto a termine un anno complicato  e  ora è il momento di riaprirsi alla speranza. Che il nuovo anno accenda in ognuno di noi la luce del cuore per poter vivere gli eventi futuri con equilibrio e serenità. Una serenità benedetta dall’amicizia, dall’affetto e dall’amore di chi ci è vicino e di tutto quello che ci circonda.

Buone feste

Ermanna

Il cuore dell’uomo non è mai nato definitivamente

Estratto da “Anam Cara” di John O’Donohue – Edizioni Corbaccio

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All we need is love                                                        Beatles

 

 

Anche se il corpo umano nasce completo in un solo momento, il cuore dell’uomo non è mai nato definitivamente, ma viene alla luce in ogni esperienza della nostra vita. Tutto quanto ci accade ha la potenzialità di renderci più profondi, portando la luce dentro di noi nuovi territori del cuore. Patrick Kavanagh coglie il senso della benedizione dell’avveni-mento: “Sia lode, lode, lode /Il modo in cui accade e il modo in cui è”. Uno dei sacramenti più belli della tradizione cristiana é quello del battesimo, del cui rituale fa parte una speciale consacrazione del cuore del bambino. Il battesimo proviene dalla tradizione ebraica e, per gli ebrei, il cuore era il centro di tutte le emozioni; esso viene consacrato essendo uno degli organi principali per la salute del bambino, ma anche come luogo in cui faranno il nido tutti suoi sentimenti. Si prega perché il nuovo essere non resti mai intrappolato avviluppato in false reti interiori di negatività, risentimento o autodistruzione e si auspica che nel corso della vita egli abbia facilità di sentimenti, che le sue emozioni possano fluire liberamente e condurre la sua anima nel mondo e da esso raccogliere gioia e pace.

Di fronte all’infinità del cosmo e alle silenziose profondità della natura, il volto dell’uomo risplende come l’icona dell’intimità. È qui, in questa icona della presenza umana, che la divinità in creazione giunge più vicina a se stessa. Il volto umano é l’icona della creazione, e ciascuno possiede anche un volto interiore, sempre intuito ma mai visto. Il cuore è il volto interiore della vita e il viaggio dell’uomo è una lotta per renderlo leggiadro. È qui che l’amore si raccoglie in noi, e l’amore è essenziale per una vita umana, perché esso soltanto può destare il divino che è in noi; nell’amore cresciamo e ritorniamo a casa da noi stessi: quando impariamo ad amare e a lasciarci amare, facciamo ritorno nel cuore del nostro spirito, dove siamo riscaldati e protetti. Nella dimora del nostro desiderio e della nostra appartenenza siamo perfettamente a nostro agio, in questa crescita e ritorno sta l’inaspettato premio nell’atto di amare un altro. L’amore ha inizio col prestare attenzione agli altri, un gesto di benigno auto-oblìo. Paradossalmente, è in questa condizione che cresciamo. Quando l’anima si é destata, la ricerca ha inizio e non possiamo più tornare indietro: da quel momento arde in noi uno struggimento che non ci permetterà di attardarci nella pianura dell’autocompiacimento e di una realizzazione incompleta. L’eterno ci rende incalzanti: quando questo sentiero spirituale si apre, possiamo donare al mondo e alle vite degli altri una generosità incredibile. Talvolta è facile essere generosi verso l’esterno, dare e dare e dare rimanendo meschini con noi stessi. Se siamo donatori generosi ma non sappiamo ricevere, perdiamo l’equilibrio dell’anima: dobbiamo essere generosi con noi stessi per accogliere l’amore che ci circonda. Abbiamo sofferto per un disperato bisogno di essere amati, abbiamo cercato per lunghi anni in luoghi solitari, molto lontano da noi e tuttavia, per tutto il tempo, questo amore è stato soltanto a pochi passi da noi: é al limitare della nostra anima, ma non siamo stati consapevoli della sua presenza. A causa di qualche ferita una porta si è chiusa violentemente nel cuore non abbiamo la forza di riaprirla e di accogliere l’amore. Per essere capaci di ricevere dobbiamo restare vigili; come ha detto Boris Pasternak: ”Quando un grande istante bussa alla porta della nostra vita, spesso non è più forte del battito del cuore, ed è molto facile non sentirlo”.

Il mondo ama il potere e il possesso. Possiamo essere stimati uomini di successo,  avere beni infiniti, una splendida famiglia, riuscire nel lavoro e disporre di tutto quanto il mondo può offrirci, ma, nonostante ciò, essere completamente smarriti e infelici. Se possediamo tutto quanto il mondo può offrirci, ma non abbiamo l’amore, allora siamo più miseri del più povero dei poveri. Ogni cuore umano anela all’amore; se nel nostro cuore manca il suo calore, non è possibile un’autentica felicità e gioia. Non importa dove siamo, chi siamo, cosa siamo o quale tipo di viaggio stiamo compiendo, tutti abbiamo bisogno di amore. Numerosi capitoli dell’Etica di Aristotele sono dedicati alla riflessione sull’amicizia, che egli fonda sull’idea di bontà e bellezza: amico é chi desidera il bene dell’altro. Aristotele riconosce come, nella complessità dell’individuo, l’interiorità rispecchi e si completi nella scoperta e nell’esercizio dell’amicizia: “I nostri sentimenti nei confronti degli amici riflettono quelli verso noi stessi”. Egli riconosce anche che, per coltivare una vera amicizia, è necessaria pazienza: ”Il desiderio di amicizia si sviluppa rapidamente, non così l’amicizia”.   L’amicizia é la grazia che riscalda e addolcisce la nostra vita: ”Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici anche se avesse tutti gli altri beni”.

 

 

I nostri difetti di fabbrica

Estratto da “Forte come l’acqua”  di Filippo Ongaro  – Sperling & Kupfer Edizioni

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Tu ti conosci?
È sicuro che ti conosci
se scopri più difetti in te che negli altri.
C. F. Hebbel (1813-1863)

 

 

Ogni essere umano ha un desiderio innato di semplificare. Vorremmo che le cose fossero bianche o nere, ma di fatto nulla di noi e della vita è così. La natura umana é complessa, contorta, fatta di tanti livelli che non sempre cooperano tra loro. E alla fine siamo, in ogni momento della nostra esistenza, il prodotto di ciò che c’è accaduto fino ad allora: sia delle cose belle sia di quelle brutte che avremmo voluto evitare. E non solo: siamo anche il prodotto, il risultato tangibile di ciò che è accaduto a ogni individuo nella storia della nostra evoluzione.
Tutti i dolori e le gioie, le fatiche e le ricompense che ogni rappresentante della nostra specie ha vissuto lungo la storia dell’evoluzione hanno lasciato una qualche traccia dentro di noi, nel nostro DNA. L’evoluzione non cancella il passato, ma via via, unisce pezzi che forniscono funzionalità aggiuntive. La corteccia cerebrale ci ha permesso di sviluppare il ragionamento complesso, la consapevolezza e il linguaggio, ma non per questo è stata in grado di eliminare la reazione di rabbia del cervello antico che scatta quando qualcuno ci fa un torto.
Ecco perché si distingue il cervello in rettile, paleomammifero e corticale a indicare che rimangono vivi in noi i meccanismi del passato: il cervello rettile è dedicato agli istinti di sopravvivenza, quello paleomammifero alle emozioni e all’affettività e quello corticale al ragionamento razionale, al linguaggio e alla pianificazione. Oggi molti preferiscono parlare di sistema 1 e sistema 2, dove il primo é quello rapido, intuitivo, economico, ma impreciso e impulsivo e il secondo invece razionale, lento, ma dispendioso dal punto di vista energetico. Indipendentemente dalla tipologia di suddivisione, dobbiamo ricordarci che non abbiamo il controllo su tutto, anche se ci piacerebbe averlo. E non sono sono le risposte istintive quelle che non controlliamo completamente, ci sono anche numerosi altri comportamenti che incidono sulla riuscita della nostra vita. Paradossalmente uno di questi “difetti” é che ci crediamo molto razionali, anche se non lo siamo affatto. Mi spiego meglio: se alla fine di un ragionamento giungiamo una conclusione, tendiamo a credere che ci siamo arrivati razionalmente e andiamo inconsapevolmente (ossia irrazionalmente) in cerca di conferme. Così ci convinciamo di avere ragione anche quando è palese che non ce l’abbiamo. Tale meccanismo spesso ci espone a dei rischi evitabili se solo fossimo capaci di avere una visione più obiettiva.

La nostra società si basa su questo ”difetto di fabbrica” e infatti si tende a dare credito a chi si dimostra più convinto e non a chi è più saggio anche nel riconoscere i propri dubbi. Il dubbio, invece di essere apprezzato come una posizione intelligente di fronte a tanti misteri della vita, viene visto come un segno di debolezza. “Se ci crede così tanto deve essere vero”, ci diciamo, ma spesso non lo è. Nella maggior parte dei casi siamo solo di fronte all’ennesimo personaggio borioso convinto di avere sempre ragione. La storia è piena di disastri causati da persone assolutamente convinte di essere nel giusto.        Anche se ci secca ammetterlo, anche se pensiamo di essere razionali nei nostri giudizi nei confronti del mondo e degli altri, a volte non è così. Più spesso di quanto crediamo ci facciamo ingannare dalle apparenze e dall’aspetto esteriore delle persone delle cose. In psicologia viene definito “effetto alone” quel pattern cognitivo per cui la percezione di un tratto viene influenzata dalla percezione di altre caratteristiche della persona. Per esempio, tendiamo giudicare perbene una persona vestita in modo elegante anche se non lo é.
Un altro fenomeno cui siamo esposti in modi che fatichiamo a credere possibili é il condizionamento del gruppo. Da una parte c’è il desiderio di appartenenza e la paura del rifiuto, dall’altra c’è il contagio sociale che avviene a nostra insaputa. Ci facciamo condizionare nei comportamenti, nei gusti e nelle scelte da chi ci circonda. E ovviamente, cambiare strada per esprimere se stessi e la propria originalità risulta assai più difficile che uniformarsi.
Un ulteriore aspetto che limita la nostra interazione con la realtà é il senso di fastidio che ci provocano gli insuccessi. Ogni fallimento così come ciascun piccolo o grande errore potrebbero essere usati come lezioni per apprendere come migliorarci futuro. Ma riflettere su di essi ci dà fastidio e quindi tendiamo a dimenticarcene il più rapidamente possibile. Insomma, troppo spesso crediamo di avere ragione, ci sentiamo meglio degli altri, critichiamo, giudichiamo e ci lamentiamo, ma non abbiamo alcun reale diritto di farlo. L’esempio tipico è la persona che, imbottigliata nel traffico, si spazientisce senza considerare che è tanto vittima quanto causa del traffico stesso. Ci piace sentirci diversi, più razionali e migliori, ma proprio questo compiacimento è un freno a progredire, non tanto rispetto agli altri, quanto a come eravamo ieri.