Il nostro mondo interiore è infinito

Estratto da “Anam Cara”  di John O’Donohue  – Edizioni Corbaccio ——————————————————————————————————————-

La persona umana è una soglia sulla quale si incontrano diversi infiniti. C’è l’infinità dello spazio che si distende nelle profondità del cosmo e l’infinità del tempo che ritorna indietro di miliardi di anni. Poi c’è l’infinità del microcosmo: un puntino sul pollice contiene un intero universo, così minuscolo da non essere visibile all’occhio umano; infinito microscopico e abbagliante come quello dell’universo. Tuttavia, l’infinito che assilla ciascuno di noi, e che nessuno può soffocare, e quello della nostra interiorità. Dietro il volto ciascuno è nascosto un mondo; in alcuni volti diviene visibile la vulnerabilità dell’esposizione interna a queste profondità. Guardandoli possiamo vedere la turbolenza dell’infinito che inizia raccogliersi alla superficie; può accadere nello sguardo di un estraneo o mentre parliamo con qualcuno che conosciamo bene. All’improvviso, senza che lo vogliamo o che ne siamo consapevoli, il loro sguardo si fa veicolo di una presenza interiore primordiale. È uno sguardo che dura solo un secondo in quel intimo intervallo di tempo qualcosa di più grande della persona si affaccia: un altro infinito, fino a che l’istante non ancora nato, é oscuramente presente. È come se qualcuno ci guardasse dalla singolarità dell’esterno. L’infinito che ci scruta viene da un tempo lontano. Non possiamo tenere lontano l’eterno: inatteso e perturbante, fissa lo sguardo su di noi attraverso le improvvise brecce nelle nostre vite pianificate. Un mio amico cui piacciono i pizzi dice spesso che sono i vuoti a farne la bellezza;  anche la nostra esperienza ha struttura di un pizzo.

Il volto umano effigia il mistero ed è il punto in cui il mistero della vita umana si fa palese; è il luogo in cui il mondo privato e interiore di una persona si affaccia al mondo anonimo. Mentre il resto del corpo è coperto, il volto è nudo e la sua vulnerabilità diffonde un invito profondo alla comprensione e alla compassione. Il volto umano è il luogo in cui due misteri si incontrano: l’infinito del mondo esterno e quello dell’inesplorato mondo interiore al quale solo ciascun individuo ha accesso. È il mondo notturno che si cela dietro la luminosità del viso. Il sorriso in un volto è una sorpresa o un’illuminazione: quando un sorriso lo attraversa, e come se la notte interiore di questo mondo nascosto si rischiasse all’improvviso. Heiddeger dice con splendide parole che siamo i custodi di soglie profonde e antiche. Nel volto umano cogliamo questa potenzialità e il miracolo della possibilità imperitura.

Il volto è il pinnacolo del corpo. Il nostro corpo è antico come l’argilla dell’universo di cui è impastato, e i nostri piedi sul suolo sono un legame costante con la terra; essi mettono in contatto la nostra argilla con l’antica argilla-madre dalla quale siamo originariamente emersi. Il fatto che il volto si trovi alla sommità del corpo significa l’ascesa della nostra argilla-vita nell’intimità e nell’individualità; è come se, attraverso le espressioni sempre nuove del nostro volto, l’argilla del nostro corpo si facesse intima e personale. Sotto la volta del cranio, il volto è il luogo in cui la nostra argilla-vita assume una reale presenza umana.

Il volto e la seconda innocenza
Il volto è l’icona della vita; nel volto umano un’esistenza si affaccia al mondo esterno e insieme guarda verso l’interno, a sé. È terribile vedere un volto abitato dall’amarezza e dal risentimento. Se la vita di una persona è stata triste, gran parte della sua negatività può non essere stata trasfigurata; la desolazione si impadronisce allora del volto che, invece di essere una presenza viva, si indurisce in una maschera. Uno dei termini più antichi per indicare la persona è il greco prosopon, che in origine designava la maschera indossata dagli attori nel coro greco. Quando l’amarezza, l’ira o il risentimento non vengono trasformati, il volto diviene una maschera. Qualche volta ci accade invece di imbatterci nello splendore di un vecchio volto che, profondamente segnato ed istoriato dal tempo e dall’esperienza, ha conservato una commovente innocenza. Anche se la vita è passata con il suo carico di stanchezza e pena su quelle persone, esse sono riuscite a far sì che la loro anima non venisse corrosa. Dai loro volti si diffonde nel mondo una luminosità rasserenante, gettando una luce di dolcezza che irradia un sentimento di santità e integrità.

Il volto rivela sempre chi siamo e che cosa la vita ci ha fatto. È però difficile per noi riconoscere la forma della nostra esistenza, che ci è troppo vicina: sono gli altri a poter decifrare dal nostro volto il mistero che in noi. Secondo i ritrattisti, raffigurare il volto umano è terribilmente difficile. Proverbialmente si dice che gli occhi sono la finestra dell’anima, ma in un ritratto é difficile anche rappresentare la bocca. In qualche strano modo, la linea della bocca sembra rivelare il profilo della vita; le labbra serrate spesso significano grettezza di spirito. C’è una strana simmetria nel modo in cui l’anima scrive la storia della sua vita nel disegno della faccia.