Estratto da: Le emozioni che curano di Erica Francesca Poli – Ed Mondadori
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Sentire: parola che evoca esperienze, e altrettante domande. Parola che dice quel che non si può dire fino in fondo, quel che non si può esprimere del tutto, si può sentire soltanto. E quando lo si sente, è vero, senza bisogno di commento, senza se e senza ma.
Il sentire è la via più potente attraverso la quale diamo senso alla nostra vita ed è anche ciò da cui maggiormente ci difendiamo.
Il dizionario, alla parola “sentimento”, suggerisce un volo di concetti che plana dal versante degli affetti al crinale del carattere e dell’etica. È interessante notare come l’espressione “lasciarsi guidare dal sentimento” intenda quest’ultimo in contrapposizione alla ragione, mentre in Boccaccio come in Dante il sentimento è la coscienza: ”Che balenò una luce vermiglia / la qual mi vinse ciascun sentimento; / E caddi come l’uom cui sonno piglia” (Divina Commedia – Inf. III vv 134-136).
In fonti ancora più antiche il sentimento era l’atto del sentire, quindi riconducibile anche ai sensi, eppure al contempo collegato al senno, al dominio di sé, come se in origine, quando res cogitans e res extensa non erano state ancora separate, sentire con i sensi e avere padronanza di sé fossero un tutt’uno: era con pienezza di sentimenti che nell’Ottocento si scrivevano i testamenti…
Il plurale del sentimento si sfrangia nei colori dell’amore, dell’odio, dell’amicizia, ma a volte trascina con sé anche le emozioni, fino a dare sostanza a un modo di pensare e di sentire, a “tonalizzare”, se così si può dire, il carattere.
Le dita lunghe del sentimento si spingono sino al divino, quando la fede si definisce sentimento di Dio, e scendono al centro della coscienza con il “semplice sentimento dell’esser proprio” di Leopardi ((Dialogo di un fisico e di un metafisico – Operette morali).
Questo breve excursus, certo non esaustivo, mostra tuttavia la complessità semantica del sentire, che è insieme sensazione, moto affettivo, emotività, coscienza di sé e capacità dell’animo di percepire il reale.
È il sentire, più di ogni altra facoltà, che comprende le dimensioni del nostro esistere.
Il sentire non è cieco, ha un’intelligenza propria, differente da quell’intelligenza che attribuiamo al pensiero logico deduttivo o razionale. Ha un’intelligenza diffusa tra la mente, il cuore e il corpo nella sua interezza, espansa e intuitiva.
Il sentire è vivo, è qui, ora, inevitabilmente, poiché quando immagini un evento futuro che ti comunica emozioni, quel che senti lo senti comunque adesso.
Il sentire guida le decisioni più di quanto pensiamo, plasma persino il cervello.
[…] È così che biochimica, neuroscienze, psicologia, antropologia, etologia, ma anche storia, cultura, religione, arte si collegano, dialogano, dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto, dal pensiero al corpo e viceversa, in una danza di risonanze che rende tutto, a guardarlo nell’insieme, così incredibilmente pregno di senso e di bellezza, di umanità e di trascendenza.
Questo movimento di connessioni è il cuore stesso del potere che hanno e del ruolo che le emozioni svolgono dentro di noi, e ha la qualità per fare da ponte, e non si limita a unire due punti, li fa diventare un sistema dinamico, creando il dialogo del loro stesso divenire.
Arduo se non impossibile separare cervello, mente, corpo dalle emozioni che li animano, difficile studiare le emozioni senza dover fluire tra alto e basso, destra e sinistra, tra cervello corticale e sottocorticale, tra mente e corpo, tra un emisfero e l’altro poi tra cuore, cervello, viscere, pelle, occhi, sensi e di nuovo pensieri, parole, immagini e sentimenti.
E la meraviglia è che non possiamo tracciare un confine netto che separi l’una cosa dall’altra, la scienza ci ha provato per secoli e la storia della scienza è anche la storia di uno spostamento continuo del limite di ciò che possiamo definire.
La verità del sentire è che è composto di tutto questo e di molto, molto di più, e di esso nulla può davvero essere compreso come un pezzo a sé stante, e così è esattamente l’individuo. […]
Le emozioni influenzano le nostre decisioni, i pensieri, la biochimica del nostro corpo, le risposte del sistema immunitario, persino lo sviluppo del nostro cervello quando siamo piccoli e la neuroplasticità del sistema finché siamo vivi.
Così come lutti gravi, traumi violenti, abbandono, possono distruggere individui e segnare intere famiglie, allo stesso modo esperienze emotive di riparazione, quali che siano, possono catalizzare un processo che possiamo davvero definire di “guarigione” se con essa intendiamo il ripristino della forza vitale che anima un individuo, dell’armonia dei suoi sistemi, della visione d’insieme che permette di riconoscere la forma dell’elefante al di là delle sue parti e ne ritrova il senso.
Le emozioni sono al crocevia di tutto questo: il potere trasformativo e curativo che respira nel poterle sentire e vivere per ciò che sono, intensamente e liberamente, è incommensurabile. Esso sposta il limiti di ciò che è vivibile, oltre quello che la logica crede. Se lo puoi sentire e accogliere, allora lo puoi affrontare.
[…] Nessuno di noi potrà mai sfuggire a se stesso, ed è con noi stessi che trascorriamo la nostra vita. Le emozioni possono rendere questo viaggio con il nostro sé infernale o piacevole o persino meraviglioso, nonostante gli ovvi e inevitabili rovesci che prima o poi tutti sperimentiamo. […]
Le emozioni si collegano alle dimensioni più astratte della mente come le cognizioni, alle declinazioni della volontà come le decisioni, tanto quanto a ciò che di più fisico abbiamo, esse si trovano al punto d’incontro di mente, cervello e corpo e li rendono inseparabili. […]
Ciò che a me pare più importante, in questa sede, è cominciare a considerare che la tua vita, le tue scelte, quello in cui credi e che pensi sia assai più connesso alle tue emozioni di quanto immagini, e che queste emozioni parlino di un te che è ancestrale, precedente la tua razionalità, inconscio, embodied, cioè completamente incarnato, impastato di soma.
Hai un cervello emotivo che è un cervello nel cervello, antico, istintivo, animale, in relazione costante con altri cervelli del tuo corpo, quello del cuore e dell’intestino e quello di ogni cellula, oltre che essere mediato dalle attivazioni o disattivazioni del sistema nervoso autonomo, dai flussi endocrini e dalle risposte immunitarie.
In ogni istante, anche adesso, mentre leggi, la tua vita è uno sforzo costante di simbiosi tra la psiche, i pensieri, i desideri, il tuo cogito ergo sum e questo mondo, che dice sentio ergo sum al di sotto della corteccia cerebrale e al tempo stesso in comunicazione con essa, che è intriso di emozioni.
Questa natura emozionale parla un linguaggio dentro di te che non è fatto di parole, ma di sensazioni e immagini. Non lo puoi costringere a fare quello che la tua razionalità vuole. Segue le proprie leggi istintuali. È pieno di forza, gestisce tutto il tuo organismo, fa battere il tuo cuore, ti fa respirare, gestisce i tuoi ormoni. Ti permette di essere qui a pensare. Custodisce anche i meccanismi segreti dell’alchimia delle sostanze, dei neuropeptidi, e ha più probabilità di aiutarti a stare bene o a guarire di quanto non ne abbia tu con i tuoi discorsi. È vicino alla vita della natura, è il tuo cuore selvaggio. Racconta le tue esperienze dell’infanzia e persino quel che è accaduto prima di ciò che tu puoi ricordare. Inoltre, attraverso il tuo DNA, porta con sé anche i doni o le ferite dell’evoluzione della specie e della tua genealogia.
Tu sei il frutto di questo processo: quando dici “io sono”, stai dicendo io sono le emozioni che hanno plasmato la mia specie, la mia genealogia, il mio mondo infantile, lo sviluppo del mio cervello, del mio sistema nervoso, delle mie stesse cellule in associazione con l’ambiente, il cibo, l’acqua e l’aria che ho introdotto in me. Potrebbe sembrare quasi eccessivo, ma quello che abbiamo compreso è che davvero le emozioni rivelano meglio di qualsiasi racconto chi siamo noi e come reagiamo alla vita.
[…] Allora, quando tu, lettore o lettrice, dici che vuoi cambiare qualcosa della tua vita, e pensi a come fare, stai vedendo solo la punta di un iceberg, e dovrai fare i conti con la sua parte sommersa fatta di tutto quello che abbiamo chiamato emozioni, programmi affettivi, matrici innate e automatiche plasmate dall’esperienza dei primi anni di vita. E se pensare di non curarsene potrebbe procurarti uno scontro rovinoso come quello del Titanic, al contrario comprendere che è a questa parte sommersa che devi rivolgere la tua attenzione ti metterà in condizione di disporre del potere più grande che è nella forza delle emozioni.
Sentirle, incontrarle, attraversarle, sperimentarle primariamente nel corpo, dare loro un nome, quindi comprenderle nei molteplici significati che veicolano e utilizzarle come strumenti di consapevolezza di sé, dell’altro, della relazione, della malattia e della salute: questo è il percorso che può condurre dalla prigione dei copioni, che non vuoi ma che si ripetono, alla libertà di chi affronta quel che sente e quel che accade nel pieno delle facoltà che è possibile ottenere da questa strana commistione di anima e corpo che siamo.