Un altro linguaggio: le corrispondenze archetipali

di Ermanna

La nostra mente possiede un potenziale enorme grazie alla presenza di due ambiti: quello logico e quello analogico. Il logico-razionale pone le sue basi nel nostro emisfero cerebrale sinistro, sede del linguaggio razionale e dei concetti matematici. L’analogico affonda le radici nel nostro emisfero destro, sede della creatività, della geometria, del linguaggio simbolico e delle intuizioni. È quella parte di noi che vede il lato nascosto nelle cose.

Negli ultimi secoli, abbiamo orientato i nostri pensieri e la nostra vita secondo le competenze logiche e razionali, sminuendo – e a volte denigrando – gli altri aspetti, considerati più emotivi, fantasiosi e, in alcuni casi, legati alla superstizione. In tal modo abbiamo dimenticato quello che è un linguaggio intuitivo.

L’uomo di un tempo, invece, osservava la realtà con gli occhi di un bambino. Dall’osservazione traeva indicazioni analogiche. Un semplice esempio: la Pulmonaria officinalis ha le foglie che ricordano in modo sorprendente il tessuto dei polmoni. Un tempo si osservava, non ci si chiedeva perché la foglia avesse quell’aspetto. Assomigliava ai polmoni? Si usava per aiutare le infezioni polmonari. Semplice ed efficace analogia di forma che stimolava l’intuizione. Da qui è nata l’erboristeria e da questa, la farmacopea moderna.

Il lavoro di Jung ha dimostrato che nel nostro inconscio – aspetto nascosto e profondo dell’uomo – sono presenti immagini e simboli che la mente razionale non riesce a penetrare nella loro totalità e complessità in quanto legati a quel “sentire”, che fa parte del nostro ambito analogico e creativo.

L’uomo ha sempre percepito nel profondo la presenza di queste forze, le ha dipinte, scolpite e immaginate traducendole nei miti come dèi e demoni. I miti infatti celano la rappresentazione delle esperienze umane in modo fantastico affinché queste siano più accessibili e accettabili per l’uomo. Queste rappresentazioni sono chiamate da Jung “archetipi” e si manifestano attraverso pensieri, comportamenti e azioni, diversi in apparenza, ma uguali nella sostanza, se ridotti ai minimi termini. Gli archetipi, è dimostrato, appartengono a tutti gli uomini.

Questi simboli, queste immagini racchiudono energie che si attivano quando apriamo la porta al desiderio di cambiamento, e lo facciamo quando la nostra vita non ci soddisfa più, quando “sentiamo” che c’è qualcosa che non va. Se ci mettiamo in ascolto della risonanza interiore prodotta da queste immagini, impariamo a conoscere noi stessi e il mondo che ci circonda.

La rappresentazione degli archetipi non è di stretta competenza di miti e delle opere di artisti. Anche l’uomo comune ne è stato artefice. Pensiamo alla simbologia dei geroglifici egizi, alla scrittura cinese che si esprime per immagini (ideogrammi), alla rappresentazione del Tao meglio conosciuto come Yin e Yang, all’Albero delle Sephirot ebraico, al simbolo della Croce cristiana, alla Ruota di medicina dei nativi americani, solo per citarne alcuni esempi.
Strumenti, concetti che si esprimono tramite immagini, poco conosciuti nella loro pregnanza di significato e, proprio per questo, a volte mal considerati e interpretati dalla nostra mente razionale.

Le carte dei Tarocchi ne sono un esempio eclatante. Non sappiamo quale sia la loro origine nello spazio e nel tempo; si sa che derivano da una conoscenza antica, misteriosa e profonda, che trasmetteva il suo sapere attraverso immagini dipinte su tavolette e, successivamente su carta (potremmo fare il paragone con i nostri libri di immagini fotografiche).
Oggi ridisegnate in molti modi e ridotte in numero, le carte sono diventate un gioco conosciuto e amato da molti, fino a diventare in casi estremi una dipendenza dannosa. Ma in origine il loro scopo non era ludico, bensì educativo e formativo.
Jung le aveva studiate ritrovando in esse il valore di un processo psicologico, giungendo a dire:

… alle carte ordinarie da gioco, nel Tarocco, se ne aggiungono altre sulle quali ci sono simboli o raffigurazioni di situazioni simboliche per esempio, il simbolo del Sole o il simbolo dell’uomo appeso per i piedi o la torre colpita dal fulmine o la ruota della fortuna e così via; una sorta di idee archetipiche, di natura differenziata, che si mescolano ai componenti ordinari del flusso dell’inconscio…Sono immagini psicologiche, dunque simboli con cui si gioca perché il processo simbolico è un’esperienza in immagini e di immagini…Esse si combinano in certi modi e le differenti combinazioni corrispondono al giocoso sviluppo degli eventi nella storia dell’Umanità…L’Uomo sempre ha sentito la necessità di trovare un accesso attraverso l’inconscio al significato di una condizione presente perché c’è una sorta di corrispondenza o somiglianza fra la condizione prevalente e la condizione dell’inconscio collettivo…”  Jung, 1933 – Seminario sull’Immaginazione Attiva

Questo linguaggio, così ricco di immagini, colori e simboli, ha il potere di trasformarci, se solo ci permettiamo di ascoltarlo.

Le carte dei tarocchi (come l’I Ching) sono state declassate a un uso predittivo che non rispecchia in nulla la loro vera essenza.
Il desiderio di “conoscere” il proprio futuro è una tentazione per molti, ma priva di efficacia o di capacità trasformativa.
L’uso divinatorio di questo strumento fa sì che la persona non si assuma la responsabilità della propria vita; induce a credere che tutto sia stabilito, che il destino sia già stato scritto. Incontrerò l’amore? Troverò lavoro? Risolverò i miei problemi economici? Mio figlio uscirà dal brutto giro in cui è entrato?
La risposta a queste domande chiude le possibilità che la vita offre. Il “destino” diventa ineluttabile, nel bene o nel male. Ci si lascia andare al fatalismo oppure, se la risposta non è accettabile, si chiede ancora e ancora, fino a quando non arriva il responso desiderato – sempre che arrivi – e nel frattempo si resta in attesa, non si fa nulla del e nel proprio vivere quotidiano, rimanendo immobili e statici, non producendo quei cambiamenti necessari per progredire.
Quando una persona si preoccupa di conoscere il proprio futuro lo fa perché non valorizza abbastanza le azioni del presente, esita. E spera che qualcun altro agisca per lei.

È auspicabile, invece, avvicinarci a questi strumenti con l’approccio del “Come posso fare per…”, dove la persona mette in gioco se stessa, comprende che non può delegare la sua vita a delle previsioni e aspettative. Deve invece agire nel presente, magari grazie a una panoramica chiara che, forse, non avrebbe potuto avere senza richiamare le corrispondenze archetipali presenti nelle immagini.

I tarocchi e il simbolismo in essi contenuto indicano il terreno su cui poggiamo i piedi, non dove andremo. Siamo noi a determinare il nostro domani vivendo l’oggi, consapevoli o meno di ciò che siamo, di cosa ci spinge e di come agiamo. Queste carte sono strumenti non per anticipare la conoscenza del futuro, ma per comprendere noi stessi e come ci muoviamo nel mondo.
È bene, quindi, imparare a vedere il presente come punto da cui si apre un ventaglio di infinite possibilità. Il libero arbitrio consiste nello scegliere una di queste possibilità.

A questo punto la concezione divinatoria dei tarocchi va totalmente ribaltata.
La loro funzione è quella di aprire una porta, un varco verso il nostro mondo interiore, e permettere la trasformazione di schemi mentali ed emotivi che bloccano la nostra essenza.

Dando spazio alla nostra mente analogica penetriamo il significato dei simboli, e cogliamo i nostri movimenti interiori. Quando ci apriamo al “sentire” e vediamo le energie attive dentro di noi, diamo libera circolazione a un potenziale di creatività e soluzioni per il nostro presente quale base del nostro futuro.

 

Per appronfondimento: Corrispondenze archetipali