Sulla Chiusura – parte prima

di Ermanna

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Chiudere situazioni, rapporti o altro è un evento frequente. In certi frangenti siamo noi a scegliere, altre volte accade e basta. In alcune occasioni, la fine di qualcosa lascia strascichi per tutta la vita. 

C’è un altro modo di vivere una chiusura? 

Verso la fine dell’ultimo film della saga di Harry Potter, c’è un passaggio in cui sulla superficie lucida del boccino d’oro tenuto in mano dal ragazzo, compare la scritta: “Mi apro alla chiusura”.  Cosa significa, aldilà del significato letterale?  Come si può aprire per chiudere? Come si può chiudere attraverso un’apertura? 

Quando parliamo di aprire, pensiamo automaticamente all’azione opposta di chiudere,  come azione per impedire un accesso o una fuoriuscita. Una porta, un cancello, una finestra, ma anche una bottiglia di acqua gassata, un pacchetto di biscotti… Tutto si può aprire o chiudere  con lo strumento giusto: una chiave, un tappo o le nostre mani.

Queste aperture sono possibili solo perché c’è stato qualcosa/qualcuno che prima ha chiuso la porta, il cancello, il pacchetto di biscotti. Forse siamo stati proprio noi a farlo. 

Se non c’è una chiusura, non c’è possibilità di apertura. Il cancello aperto permette il movimento dentro-fuori. Il pacchetto di biscotti aperto permette all’umidità di entrare e alla fragranza di uscire, alterandone la qualità. Le chiusure quindi sono necessarie con la loro funzione di sigillare, non permette più un passaggio.

“Mi apro alla chiusura”. Per aprirmi, io devo rendermi conto di aver chiuso. Chiuso, forse, alla possibilità di vedere le cose da un altro punto di vista. Nel caso di Harry, l’apertura alla chiusura indica la disponibilità a compiere un atto di estremo coraggio: morire per poter arrivare alla fine di un conflitto che coinvolge tutto il mondo magico. La fine, il completamento di un ciclo, della sua vita.

Quante volte abbiamo dovuto rinunciare, con tanto coraggio, a tutto ciò che sentivamo importante per noi, per qualcosa di più grande? Quante volte invece non abbiamo rinunciato, chiedendoci poi perché la situazione precipitasse?   Tutti abbiamo esperienza di cosa significhi subire perdite, vivere delle chiusure non volute, inattese. È doloroso e spesso abbiamo difficoltà a procedere, ad andare oltre perché non vogliamo dimenticare o perdere o gettare la spugna.  Ma lasciar andare non è questo.

Harry, consegnandosi al suo antagonista-nemico, non si è arreso, non ha rinunciato a lottare. Ha compreso che l’unica via perché tutto possa finire, per offrire una possibilità di nuovo inizio ai suoi affetti, è sacrificare chi “è”, quello che lui rappresenta per sé e per gli altri.

Chiudere in questo modo non dà garanzie sul futuro e non rispetta le nostre aspettative. Fa paura. Paura che ci vengano tolte le nostre sicurezze, le nostre convinzioni per qualcosa che non possiamo, o sappiamo, prevedere.  A volte neanche la speranza di qualcosa di meglio sembra essere sufficiente per aiutarci a scegliere di chiudere, perché abbiamo perso fiducia nella vita, sempre improntata sulla crescita data dal cambiamento. Perché abbiamo perso la fede nelle nostre capacità, anche quelle di recupero. Perché siamo abituati a guardare il tempo come una linea retta senza fine invece di vederlo come una linea circolare, dove ogni punto può essere fine o inizio di un’altra circonferenza, di un altro processo, di una nuova possibilità.

Come fare per chiudere davvero, per non permettere a nulla di avere libero movimento dentro di noi, togliendoci non solo energia, ma anche pace interiore?

Per assolvere al suo “destino”, Harry entra nella foresta proibita con serenità di spirito e dignità, ottenute grazie alla vittoria sulle lotte interiori e esteriori che ha combattuto nella sua breve vita. La disperazione e la sofferenza si sono pacificate nella certezza di fare la cosa giusta. Non ha più alcuna aspettativa, nessun desiderio di riconoscimento, non ha più alcuna resistenza, nessuna lotta interiore. Non è rassegnato. È nel completo accoglimento di quanto avverrà. Nessun rimpianto o rancore. 

Ogni volta che chiudiamo qualcosa con queste energie nel cuore, accade l’inaspettato. E l’evoluzione dell’inaspettato spesso, se non sempre, è più funzionale alla nostra esistenza di quanto non fosse la situazione precedente. In quel momento non ce ne rendiamo conto e solo a distanza di tempo, dopo tanto dolore, ce ne accorgiamo.

Questo è capitato anche al protagonista della saga. Poco prima dello scontro finale quando il ragazzo ha toccato con le labbra il boccino d’oro, l’oggetto si è aperto e ne è fuoriuscita la pietra della resurrezione, facendo apparire i genitori e gli amici, scomparsi nella lotta contro Voldemort, che lo hanno rassicurato sulla correttezza della sua decisione. Una volta fatta la scelta, tutto si è ricalibrato. Gli è stata offerta la possibilità di vivere senza la schiavitù di ciò che di oscuro aveva in lui, una parte dell’anima del suo antagonista che si era agganciata alla sua fin da quando era piccolo, oppure scegliere di rimanere nell’aldilà. Se avesse scelto l’aldilà si sarebbe fermato. Ha scelto di tornare alla vita: ha scelto di andare avanti.

Anche noi abbiamo una scelta: continuare a vivere nel nostro limbo interiore, senza governo sui nostri dolori e sofferenze, con le pendenze di vecchie situazioni nel cuore, oppure decidere di cambiare le regole per iniziare qualcosa di nuovo. Il flusso dell’energia vitale ci supporta perché è nella sua natura farlo se noi lo accogliamo, così come i genitori di Harry lo hanno sostenuto nella sua ultima e definitiva impresa, perché l’amore non muore mai.

Una nuova possibilità è il dono – la nostra pietra della resurrezione – che ci viene offerto quando ci rendiamo conto che lottare contro o per qualcosa che non ha più scopo è non solo inutile, ma anche dannoso e che l’unica strada percorribile è quella di lasciar andare le vecchie modalità. È cambiare punto di vista. È trovare qualcosa di buono nella situazione o relazione che ha bisogno essere chiusa.  Questa chiave apre la via alla serenità; è comprendere che un’esperienza è un modo per imparare qualcosa di utile al cambiamento, ed è molto importante sapere come recuperarne il valore per scrollarsi di dosso il carico emotivo pesante legato ad essa. 

– continua –