Il linguaggio che fa bene alle relazioni

di Ermanna 

Le parole sono la materia viva delle nostre relazioni, non solo quelle di coppia, ma anche quelle sociali, professionali, familiari. Anche nella relazione profonda con noi stessi:  cosa ci diciamo, come ci sosteniamo o ci critichiamo.

Con esse costruiamo ponti, definiamo confini, apriamo o chiudiamo spazi di intimità. Eppure spesso le usiamo in modo automatico, senza renderci conto di quanto possano incidere sulla qualità del nostro rapporto con gli altri — e con noi stessi. Un linguaggio che fa bene alle relazioni è un linguaggio consapevole, empatico e autentico, capace di trasformare anche i momenti di conflitto in occasioni di crescita.

Quali sono le chiavi che ci aiutano a instaurare, proteggere le nostre relazioni? Ecco quelle che io considero le più significative.

L’ASCOLTO è la prima chiave per una relazione sana. È il primo passo per comunicare in modo costruttivo è imparare ad ascoltare davvero. Ascoltare non significa solo attendere il proprio turno per parlare. È il non pensare alle risposte o a controbattere mentre l’altro parla, perchè questo impedisce di ascoltare veramente. È  accogliere ciò che l’altro sta vivendo, senza giudizio né fretta di rispondere. L’ascolto autentico crea uno spazio sicuro, in cui l’altro può sentirsi visto e riconosciuto.
 Un semplice “ti capisco” o un silenzio attento possono essere più potenti di mille consigli. Nelle relazioni significative, l’ascolto è il gesto d’amore più profondo che possiamo offrire.

La seconda chiave è la MANCANZA DI GIUDIZIO.
Molti conflitti nascono sia da ciò che diciamo, sia dal modo in cui lo diciamo. Frasi come “non capisci mai niente” o “sbagli sempre” attivano immediatamente difese e rabbia. Al contrario, usare la prima persona, dire “io” e non “tu” — ad esempio, “mi sento frustrato quando succede questo” e non “tu hai fatto questo!” — sposta il focus dall’accusa alla condivisione del proprio vissuto.
Questo approccio, tipico della comunicazione assertiva, permette di esprimere bisogni ed emozioni senza ferire né sminuire l’altro. Quando comunichiamo con empatia, l’altro non si sente giudicato, ma coinvolto in un dialogo sincero.

La terza chiave è la GENTILEZZA, anche verbale come scelta quotidiana.
Spesso sottovalutiamo il potere delle parole gentili. Dire “grazie”, “apprezzo ciò che hai fatto”, “mi piace il tuo punto di vista” sono gesti semplici, ma capaci di nutrire profondamente la relazione. La gentilezza verbale non è debolezza: è forza consapevole.
In un mondo dove prevalgono fretta e distrazione, scegliere di comunicare con rispetto e calore è un atto rivoluzionario. La gentilezza, infatti, genera reciprocità: ciò che doniamo in parole, ci torna in fiducia e armonia.

La quarta chiave: AUTENTICITÀ e RESPONSABILITÀ EMOTIVA.
Un linguaggio che fa bene alle relazioni è anche autentico. Significa parlare con sincerità, ma senza aggressività; dire “non me la sento”, “ho bisogno di spazio” o “questo per me è importante” invece di tacere o reagire con distacco. L’autenticità nasce dall’ascolto di sé e richiede responsabilità emotiva: esprimere ciò che sentiamo senza scaricare sugli altri il peso delle nostre emozioni.

La quinta chiave: PAROLE CHE CURANO
Usare parole gentili, rispettose e consapevoli non fa bene solo alle relazioni: fa bene a noi stessi. Parlare con calma e rispetto stimola la presenza mentale, riduce lo stress e favorisce un atteggiamento più empatico verso la vita.
Ogni volta che scegliamo una parola costruttiva al posto di una distruttiva, stiamo contribuendo alla nostra crescita personale. Parlare bene è un atto di responsabilità e di amore, un modo per dire all’altro — e a sé stessi — “tu conti per me”.

Perché, in fondo, il linguaggio non è solo un mezzo per comunicare: è un modo per creare realtà.

Quando la vita fa deviazioni migliori del nostro GPS

di Ermanna –

Ci hanno insegnato a essere efficienti, non a perderci. A restare in carreggiata, non a deviare. Eppure, alcuni degli incontri/esperienze più importanti della nostra vita sono nati da un cambio di rotta, da una porta che si è chiusa e ci ha costretti a bussare altrove, oppure, più semplicemente da un contrattempo: quanti scienziati hanno fatto scoperte eccezionali proprio sulla base dell’inaspettato avvenuto durante i loro esperimenti e ricerche?

E proprio lì, nell’interruzione della routine, nella deviazione dal copione, nasce qualcosa di prezioso.

Un’antica arte giapponese, il kintsugi, consiste nel riparare oggetti rotti con oro fuso, trasformando una frattura in un punto di valore.

L’inaspettato nella vita è un po’ così: rompe i piani, ma spesso lo fa per rivelare qualcosa di più autentico, più nostro. Sono esperienze che ci cambiano, proprio perché non erano da noi preventivate.

L’inaspettato ci aiuta a essere presenti. Quando qualcosa rompe la routine, siamo costretti a fermarci, ad ascoltare, a cambiare punto di vista, ad agire in modo nuovo. Questi momenti ci svegliano, come uno schiaffo gentile – ma alle volte anche non gentile – dalla monotonia, dalle aspettative prodotte da abitudini. Ci ricordano che non siamo spettatori passivi della nostra esistenza, ma protagonisti pronti a danzare e fluire con ciò che la vita porta, anche quando non è nei nostri programmi.

L’inaspettato ci insegna la fiducia: nel tempo, nel cambiamento, in noi stessi. Ci ricorda che non tutto può (o deve) essere controllato. Che la vita è, per sua natura, mutevole, sorprendente, indomabile.
L’inaspettato non è annunciato, né cercato. Come il profumo del pane appena sfornato in una via qualunque, o come un tramonto visto per caso in mezzo a una giornata difficile. Sono attimi che non abbiamo costruito, ma che ci vengono donati. Gratuiti, silenziosi, irripetibili. E forse proprio per questo, più veri di tutto il resto.

Abbracciare l’inaspettato richiede coraggio. Significa fare pace con l’idea che non possiamo controllare tutto. Significa aprirsi a nuove possibilità, incontri, emozioni. C’è una bellezza rara nel non sapere cosa succederà domani. Non è debolezza, ma apertura. Non è disordine, ma disponibilità al nuovo.
Quando lasciamo spazio a ciò che non avevamo previsto, lasciamo spazio alla meraviglia, alla magia.

La bellezza dell’inaspettato non è solo in ciò che succede, ma in come scegliamo di viverlo. In un mondo che ci spinge a sapere sempre tutto, l’inaspettato è un invito alla fiducia. È un promemoria che la vita, nonostante tutto, sa ancora sorprenderci.

L’inaspettato è uno strappo nella trama delle nostre certezze. È il punto in cui il tessuto si fa trasparente e ci lascia intravedere un’altra possibilità. Un’altra versione di noi. Un’altra via.

A volte basta poco: un attimo, un sì, una distrazione. E all’improvviso, ci accorgiamo che tutto quello che stavamo cercando… ci stava cercando anche lui.

La Magia del Lasciar Andare

di  Ermanna

Lasciar andare è una piccola rivoluzione silenziosa. Non richiede proclami o gesti eclatanti: è un atto gentile, quasi invisibile, ma capace di cambiare la giornata — e forse anche la vita.
Non significa rinunciare, ma scegliere di non appesantirsi. È liberarsi dello zaino delle preoccupazioni superflue che ci portiamo sulle spalle: quelle inutili.

È riconoscere che non tutto dipende da noi, è accettare  che alcune risposte non arriveranno, che certe situazioni non si risolveranno come vorremmo, e che non tutto può essere controllato. E va bene così.

Lasciar andare davvero è una liberazione interiore. Non è dimenticare, ma accettare e trasformare ciò che è stato.

Rimorsi, rancori e rimpianti sono i principali ostacoli che ci legano al passato e ci impediscono di vivere pienamente il presente.
Il passato non si può cambiare, ma può insegnarci a vivere con già leggerezza. L’importante è sapere di aver fatto del nostro meglio in ogni circostanza.

Nel lasciar andare, il perdono è centrale: non è debolezza, né dimenticanza, ma una scelta consapevole di liberarsi dal dolore, dal giudizio e dalla colpa.
È un gesto di guarigione profonda, verso gli altri e verso se stessi. È un atto di coraggio.

Lasciar andare è un gesto di fiducia verso la vita.
È fare spazio al nuovo anche se non possiamo prevedere cosa si presenterà.

In un mondo che ci spinge a trattenere, lasciar andare per creare spazio è un atto magico.

Tu cosa vuoi lasciar andare? Cosa vuoi abbandonare nelle acque del mare e nei sentieri di montagna, in modo da vivere sempre più serenamente non solo questo periodo estivo, ma tutta la tua vita?

SERENA ESTATE! ☀️

Aprirsi al cambiamento

DIstrazione

– Parte prima – La bellezza del cambiamento

di Ermanna

– Parte seconda –

Per quale ragione a volte non desideriamo che le cose cambino?

 

I motivi possono essere molteplici, eccone alcuni:
– Paura dell’ignoto. Le situazioni conosciute sono rassicuranti, anche se non ideali.
– Perdita dei riferimenti abituali. Quando sentiamo di non poter avere il controllo su ciò che succede, ci sentiamo vulnerabili.
– Attaccamento. Ci affezioniamo a ciò che conosciamo: persone, abitudini, ruoli.
– Paura del giudizio. Cambiare può significare uscire dall’ “immagine” che gli altri hanno di noi. Questo può generare ansia e insicurezza.

Ma guardando da un’altra prospettiva, CAMBIARE significa molto altro.

  • È allontanarsi da ciò che non ci serve più. Non è un fallimento, è la consapevolezza che qualcosa ha fatto il suo tempo.
  • È creare spazio per qualcosa di nuovo. È offrirsi la possibilità di una vita più autentica e serena, semplicemente guardando nella direzione che ci fa stare meglio.
  • È allenare la nostra forza e la nostra flessibilità, per accogliere ciò che la vita ha da offrirci. È andare avanti, anche quando c’è un po’ di paura.
  • Cambiare non significa perdere una parte di noi, ma darle una nuova forma. È riscoprire aspetti che avevamo dimenticato. È lasciarsi trasformare e arricchire da ogni esperienza.
  • Cambiare è avere fiducia nella vita, che per sua natura non è immobilità, ma movimento verso lo sviluppo e la crescita.

Aprirsi al cambiamento è scegliere di vivere con più libertà. Libertà di lasciare andare, di accogliere il nuovo, di essere fedeli a noi stessi.

E quando lo facciamo nel rispetto degli altri, il cambiamento non fa più paura. Diventa parte del nostro cammino.

La bellezza del Cambiamento

di Ermanna

– Parte 1 –

Cambiamo continuamente, spesso senza rendercene conto: cresciamo, maturiamo, invecchiamo.
Modifichiamo il nostro stile, cambiando acconciatura, macchina, casa o lavoro. Anche le relazioni cambiano: nuove amicizie, nuovi amori. A volte con naturalezza, altre con fatica.

Ma cosa rende il cambiamento così affascinante per alcuni e così spaventoso per altri? Come sempre, tutto dipende da che prospettiva lo guardiamo.

Cambiare può dare nuova energia, stimolare. Ma lasciare ciò che conosciamo, rompere con le abitudini, richiede forza e coraggio — e non è sempre facile trovarli.

È normale provare timore verso ciò che non conosciamo e spesso è il buio dell’incognito che ci frena, perché abbiamo smesso di sognare. Il cambiamento può essere come l’alba dopo una lunga notte: incerto, sì, ma pieno di promesse.

E dietro il timore dell’ignoto si possono celare bellezze che aspettano solo il nostro primo passo.

– parte seconda – aprirsi al cambiamento