Il Tempo

Estratto da “Il Profeta” di Kahlil Gibran

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… E un astronomo disse:
“Maestro, che sai dirci del Tempo?”

Ed egli rispose:
“Voi vorreste misurare il Tempo, che è smisurato e immisurabile.
Vorreste conformare la vostra condotta,
e perfino guidare il corso dello spirito, secondo le ore e le stagioni.
Vorreste fare del Tempo una corrente sulle cui rive sedervi a guardarla fluire.
Eppure ciò che in voi è senza Tempo, sa che la vita è senza Tempo.
E sa che ieri e domani non sono che il ricordo ed il sogno dell’oggi.
E che quello che in voi medita e canta vive tuttora nei confini di quel primo momento
che seminò le stelle nello spazio.
Chi di voi non avverte che il suo potere d’amare è senza limiti?
Eppure chi non sente che questo stesso amore, sebbene illimitato,
è racchiuso nel centro del suo essere, e che non muove da pensiero d’amore verso pensiero d’amore,
né da fatti d’amore verso altri fatti d’amore?
E non è il Tempo, come è anche l’amore, indiviso ed immoto?
Ma se dovete nella vostra mente scandire il tempo in stagioni,
lasciate che ogni stagione cinga tutte le altre,
E che l’oggi abbracci il passato col ricordo, e il futuro col desiderio.

 

 

L’invito di Oriah

Poesia di Oriah, Mountain Dreamer Indian Elder

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Non mi interessa

Non mi interessa sapere qual è il tuo mestiere. Voglio sapere per cosa si strugge il tuo cuore e se hai il coraggio di sognare l’incontro con ciò che desidera.

Non mi interessa sapere quanti anni tu abbia. Mi interessa sapere se correrai il rischio di fare la figura del pazzo per amore, per il tuo sogno, per l’avventura di essere vivo.

Non mi interessa sapere quali pianeti quadrano con la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se le difficoltà della vita ti hanno portato ad aprirti oppure… a chiuderti in te stesso nel timore di soffrire ancora! Voglio sapere se sei capace di stare nel dolore, tuo o mio, senza far nulla per nasconderlo o allontanarlo o cristallizzarlo. Voglio sapere se sei capace di stare nella GIOIA, tua o mia; se puoi scatenarti nella danza e lasciare che l’estasi ti invada fino alla punta delle dita dei piedi o delle mani, senza esortarci ad essere prudenti, realistici o consapevoli dei limiti umani.

Non mi interessa sapere se la storia che mi racconti è vera. Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per restare fedele a te stesso e di non tradire mai la tua anima, a costo di lasciare che gli altri ti chiamino traditore.

Voglio sapere se puoi essere di parola e quindi degno di fiducia. Voglio sapere se sei capace di trovare la bellezza anche nei giorni in cui il sole non splende e se puoi dare inizio alla tua vita sulle sponde di un lago gridando “ SI’ “ al bagliore della luna piena.

Non mi interessa sapere dove vivi, né quanto denaro possiedi. Voglio sapere se dopo una notte disperata di pianto sei capace di alzarti, così come sei, sfinito e con l’anima coperta di lividi, per metterti a fare quello che c’è da fare per i bambini.

Non mi interessa sapere chi conosci, né come mai ti trovi qui. Voglio sapere se starai in piedi con me al centro del fuoco, senza tirarti indietro.

Non mi interessa sapere che cosa hai studiato, né con chi e neppure dove. Voglio sapere che cosa ti sostiene da dentro quando tutto il resto ti viene a mancare. Voglio sapere se puoi stare da solo con te stesso, e se la tua stessa compagnia ti piace veramente, nei momenti di vuoto.

La magia di un abbraccio

Estratto da: “Poesie d’Amore E Di Vita”  di Pablo Neruda – Edizioni Guanda

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“Quanti significati sono celati dietro un abbraccio?
Che cos’è un abbraccio se non comunicare, condividere e infondere qualcosa di sé ad un’altra persona?
Un abbraccio è esprimere la propria esistenza
a chi ci sta accanto, qualsiasi cosa accada,
nella gioia e nel dolore.

Esistono molti tipi di abbracci,
ma i più veri ed i più profondi
sono quelli che trasmettono i nostri sentimenti.

A volte un abbraccio,
quando il respiro e il battito del cuore diventano tutt’uno,
fissa quell’istante magico nell’eterno.
Altre volte ancora un abbraccio, se silenzioso,
fa vibrare l’anima e rivela ciò che ancora non si sa
o si ha paura di sapere.

Ma il più delle volte un abbraccio
è staccare un pezzettino di sé
per donarlo all’altro
affinché possa continuare il proprio cammino meno solo.”

 

Il silenzio – Pablo Neruda

Ora conteremo fino a dodici
e restiamo tutti quieti.

Per una volta sulla terra
non parliamo in nessuna lingua,
per un secondo fermiamoci,
non muoviamo tanto le braccia.

Sarebbe un minuto balsamico,
senza fretta, né locomotive,
saremmo tutti uniti
in un’inquietudine istantanea.

I pescatori del freddo mare
non porterebbero danno alle balene
e il lavoratore del sale
guarderebbe le sue mani rotte.

Quelli che preparan nuove guerre,
guerre di gas, guerre di fuoco,
vittorie senza sopravvissuti,
indosserebbero un abito puro
e camminerebbero coi loro fratelli
nell’ombra, senza far nulla.

Non si confonda ciò che voglio
con l’inazione definitiva:
la vita è solo ciò che si fa,
non voglio saperne della morte.

Se non potemmo essere unanimi
muovendo tanto le nostre vite,
forse non far nulla una volta,
forse un gran silenzio
potrà interrompere questa tristezza,
questo non intenderci mai,
e minacciarci con la morte,
forse la terra c’insegnerà
quando tutto sembra morto
e poi tutto era vivo.

Ora conterò fino a dodici,
tu tacerai e io me ne andrò.

 

– Testo in lingua originale –

El silencio

Ahora contaremos doce
y nos quedamos todos quietos.
Por una vez sobre la tierra
no hablemos en ningún idioma,
por un segundo detengámonos,
no movamos tanto los brazos.

Sería un minuto fragante,
sin prisa, sin locomotoras,
todos estaríamos juntos
en una inquietud instantánea.

Los pescadores del mar frío
no harían daño a las ballenas
y el trabajador de la sal
miraría sus manos rotas.

Los que preparan guerras verdes,
guerras de gas, guerras de fuego,
victorias sin sobrevivientes,
se pondrían un traje puro
y andarían con sus hermanos
por la sombra, sin hacer nada.

No se confunda lo que quiero
con la inacción definitiva:
la vida es sólo lo que se hace,
no quiero nada con la muerte.

Si no pudimos ser unánimes
moviendo tanto nuestras vidas,
tal vez no hacer nada una vez,
tal vez un gran silencio pueda
interrumpir esta tristeza,
este no entendernos jamás
y amenazarnos con la muerte,
tal vez la tierra nos enseñe

Ahora contaré hasta doce
y tú te callas y me voy.

Pablo Neruda

Le tre perle della saggezza

Estratto da “Le tre domande” di Don Miguel Ruiz e Barbara Emrys –

Ed. Il punto d’incontro
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Molto tempo fa, durante una giornata di pioggia, un vecchio stava procedendo sul suo carro lungo una strada di campagna. Le buche e gli scrosci rendevano la guida difficoltosa.
Quando il carro finì in una buca particolarmente profonda, una ruota posteriore si ruppe. Il vecchio calmò il cavallo, saltò giù sulla strada fangosa e iniziò ad armeggiare con la ruota del carro. Presto si rese conto che la buca era troppo profonda e la ruota troppo pesante per riuscire ad alzarla.

Era lì, fradicio e infreddolito, quando sentì i passi di qualcuno che si avvicinava.
Un ragazzo di campagna stava tornando a casa per la cena e vide il carro malridotto del vecchio assediato dall’acqua che scorreva come un fiume. Trovò un palo di recinzione che era caduto e con quello entrò nel fango fino alle ginocchia per puntellare il carro. Dopo averlo sollevato si mise a riparare la ruota.
Mentre lavorava, parlò al vecchio delle sue aspirazioni per il futuro. Sapeva molto poco del mondo ma voleva imparare. Voleva scoprire chi era e trovare le risposte ai grandi misteri della vita. Presto sarebbe diventato un uomo e voleva saperne di più sull’amore. Disse che spesso sognava a occhi aperti le cose meravigliose che dovevano ancora accadere.
“Quasi tutti i giorni non so se sto sognando o se sono sveglio!”. Il ragazzo non smetteva di parlare e il vecchio ascoltava in silenzio.

Dopo un’ora finì il lavoro di riparazione. La ruota era tornata al suo posto e il carro era di nuovo sulla strada. Il vecchio, pieno di gratitudine, infilò una mano in tasca alla ricerca di qualche moneta. Non trovando niente da offrire al ragazzo per il suo aiuto, gli chiese se in cambio poteva accettare tre perle di saggezza, garantendo che gli avrebbero procurato più ricchezza di qualsiasi moneta. Il ragazzo sorrise mentre il sole faceva capolino tra le nuvole che correvano gonfie. Sapeva di non poter rifiutare quella manifestazione di gratitudine, qualunque fosse l’offerta che gli veniva fatta. E dopotutto aveva molto da imparare.
“Sì”, disse educatamente. “Sarei davvero onorato se lei volesse condividere la sua saggezza con me, signore”.
Allora il vecchio si piegò verso il ragazzo e iniziò a parlargli.
“Per trovare la tua strada nel mondo, hai bisogno soltanto di rispondere a tre domande”, gli spiegò. “Prima devi chiederti: ‘Chi sono io?’ Saprai chi sei quando vedrai chi non sei.
“Poi devi chiederti: ‘Cos’è reale?’ Saprai cos’è reale quando accetterai ciò che non lo è.
“Infine”, concluse, “devi chiederti: ‘Cos’è l’amore?’. Saprai cos’è l’amore quando capirai cosa non lo è”.
Il vecchio si raddrizzò sfregando il cappotto per ripulirlo dalle macchie di fango. Il ragazzo si tolse rispettosamente il cappello e lo ringraziò. Vide il vecchio salire sul carro e incitare il cavallo. Il carro barcollò, poi inizio a sferragliare lungo la strada.
Tornando a casa, dove la cena lo stava aspettando, si voltò e intravide il carro svanire tra le ombre della sera.