Riflessioni sui Tarocchi

Workshop gratuito dal vivo

A volte rimbalziamo come le palline di un flipper da una possibilità a un’altra senza prendere alcuna decisione. E la vita sceglie per noi, anche ciò che non vorremmo, solo perché abbiamo indugiato troppo.

È in questi frangenti che è necessario fermarci e decidere con chiarezza di idee. I tarocchi permettono di osservare le energie presenti e scegliere per il meglio.

La funzione divinatoria dei Tarocchi è una limitazione che li ha posti da secoli in una posizione scomoda e negativa. Induce a credere che tutto sia stabilito, che il destino sia già stato scritto. Ma non è così.

I Tarocchi sono, in realtà, uno strumento per la conoscenza di sé. La loro origine non è ben chiara. Il loro significato può sembrare misterioso, ma abbiamo un mezzo potente per decifrarlo, la nostra mente analogica che entra in risonanza con queste immagini e attiva gli archetipi interiori.

Questo incontro si pone il fine di delineare, per quanto possibile, la natura e la funzione di queste icone all’interno del gioco della vita.

Esse sono immagini psicologiche, simboli con cui si gioca,
come l’inconscio sembra giocare con i suoi contenuti.
Esse si combinano in certi modi, e le differenti combinazioni corrispondono
al giocoso sviluppo degli eventi nella storia dell’umanità.
C.G.Jung – 1933 Seminario sulla Immaginazione Attiva

 

Per approfondimenti  e Iscrizione:  riflessionisuitarocchi.it

Un altro linguaggio: le corrispondenze archetipali

di Ermanna

La nostra mente possiede un potenziale enorme grazie alla presenza di due ambiti: quello logico e quello analogico. Il logico-razionale pone le sue basi nel nostro emisfero cerebrale sinistro, sede del linguaggio razionale e dei concetti matematici. L’analogico affonda le radici nel nostro emisfero destro, sede della creatività, della geometria, del linguaggio simbolico e delle intuizioni. È quella parte di noi che vede il lato nascosto nelle cose.

Negli ultimi secoli, abbiamo orientato i nostri pensieri e la nostra vita secondo le competenze logiche e razionali, sminuendo – e a volte denigrando – gli altri aspetti, considerati più emotivi, fantasiosi e, in alcuni casi, legati alla superstizione. In tal modo abbiamo dimenticato quello che è un linguaggio intuitivo.

L’uomo di un tempo, invece, osservava la realtà con gli occhi di un bambino. Dall’osservazione traeva indicazioni analogiche. Un semplice esempio: la Pulmonaria officinalis ha le foglie che ricordano in modo sorprendente il tessuto dei polmoni. Un tempo si osservava, non ci si chiedeva perché la foglia avesse quell’aspetto. Assomigliava ai polmoni? Si usava per aiutare le infezioni polmonari. Semplice ed efficace analogia di forma che stimolava l’intuizione. Da qui è nata l’erboristeria e da questa, la farmacopea moderna.

Il lavoro di Jung ha dimostrato che nel nostro inconscio – aspetto nascosto e profondo dell’uomo – sono presenti immagini e simboli che la mente razionale non riesce a penetrare nella loro totalità e complessità in quanto legati a quel “sentire”, che fa parte del nostro ambito analogico e creativo.

L’uomo ha sempre percepito nel profondo la presenza di queste forze, le ha dipinte, scolpite e immaginate traducendole nei miti come dèi e demoni. I miti infatti celano la rappresentazione delle esperienze umane in modo fantastico affinché queste siano più accessibili e accettabili per l’uomo. Queste rappresentazioni sono chiamate da Jung “archetipi” e si manifestano attraverso pensieri, comportamenti e azioni, diversi in apparenza, ma uguali nella sostanza, se ridotti ai minimi termini. Gli archetipi, è dimostrato, appartengono a tutti gli uomini.

Questi simboli, queste immagini racchiudono energie che si attivano quando apriamo la porta al desiderio di cambiamento, e lo facciamo quando la nostra vita non ci soddisfa più, quando “sentiamo” che c’è qualcosa che non va. Se ci mettiamo in ascolto della risonanza interiore prodotta da queste immagini, impariamo a conoscere noi stessi e il mondo che ci circonda.

La rappresentazione degli archetipi non è di stretta competenza di miti e delle opere di artisti. Anche l’uomo comune ne è stato artefice. Pensiamo alla simbologia dei geroglifici egizi, alla scrittura cinese che si esprime per immagini (ideogrammi), alla rappresentazione del Tao meglio conosciuto come Yin e Yang, all’Albero delle Sephirot ebraico, al simbolo della Croce cristiana, alla Ruota di medicina dei nativi americani, solo per citarne alcuni esempi.
Strumenti, concetti che si esprimono tramite immagini, poco conosciuti nella loro pregnanza di significato e, proprio per questo, a volte mal considerati e interpretati dalla nostra mente razionale.

Le carte dei Tarocchi ne sono un esempio eclatante. Non sappiamo quale sia la loro origine nello spazio e nel tempo; si sa che derivano da una conoscenza antica, misteriosa e profonda, che trasmetteva il suo sapere attraverso immagini dipinte su tavolette e, successivamente su carta (potremmo fare il paragone con i nostri libri di immagini fotografiche).
Oggi ridisegnate in molti modi e ridotte in numero, le carte sono diventate un gioco conosciuto e amato da molti, fino a diventare in casi estremi una dipendenza dannosa. Ma in origine il loro scopo non era ludico, bensì educativo e formativo.
Jung le aveva studiate ritrovando in esse il valore di un processo psicologico, giungendo a dire:

… alle carte ordinarie da gioco, nel Tarocco, se ne aggiungono altre sulle quali ci sono simboli o raffigurazioni di situazioni simboliche per esempio, il simbolo del Sole o il simbolo dell’uomo appeso per i piedi o la torre colpita dal fulmine o la ruota della fortuna e così via; una sorta di idee archetipiche, di natura differenziata, che si mescolano ai componenti ordinari del flusso dell’inconscio…Sono immagini psicologiche, dunque simboli con cui si gioca perché il processo simbolico è un’esperienza in immagini e di immagini…Esse si combinano in certi modi e le differenti combinazioni corrispondono al giocoso sviluppo degli eventi nella storia dell’Umanità…L’Uomo sempre ha sentito la necessità di trovare un accesso attraverso l’inconscio al significato di una condizione presente perché c’è una sorta di corrispondenza o somiglianza fra la condizione prevalente e la condizione dell’inconscio collettivo…”  Jung, 1933 – Seminario sull’Immaginazione Attiva

Questo linguaggio, così ricco di immagini, colori e simboli, ha il potere di trasformarci, se solo ci permettiamo di ascoltarlo.

Le carte dei tarocchi (come l’I Ching) sono state declassate a un uso predittivo che non rispecchia in nulla la loro vera essenza.
Il desiderio di “conoscere” il proprio futuro è una tentazione per molti, ma priva di efficacia o di capacità trasformativa.
L’uso divinatorio di questo strumento fa sì che la persona non si assuma la responsabilità della propria vita; induce a credere che tutto sia stabilito, che il destino sia già stato scritto. Incontrerò l’amore? Troverò lavoro? Risolverò i miei problemi economici? Mio figlio uscirà dal brutto giro in cui è entrato?
La risposta a queste domande chiude le possibilità che la vita offre. Il “destino” diventa ineluttabile, nel bene o nel male. Ci si lascia andare al fatalismo oppure, se la risposta non è accettabile, si chiede ancora e ancora, fino a quando non arriva il responso desiderato – sempre che arrivi – e nel frattempo si resta in attesa, non si fa nulla del e nel proprio vivere quotidiano, rimanendo immobili e statici, non producendo quei cambiamenti necessari per progredire.
Quando una persona si preoccupa di conoscere il proprio futuro lo fa perché non valorizza abbastanza le azioni del presente, esita. E spera che qualcun altro agisca per lei.

È auspicabile, invece, avvicinarci a questi strumenti con l’approccio del “Come posso fare per…”, dove la persona mette in gioco se stessa, comprende che non può delegare la sua vita a delle previsioni e aspettative. Deve invece agire nel presente, magari grazie a una panoramica chiara che, forse, non avrebbe potuto avere senza richiamare le corrispondenze archetipali presenti nelle immagini.

I tarocchi e il simbolismo in essi contenuto indicano il terreno su cui poggiamo i piedi, non dove andremo. Siamo noi a determinare il nostro domani vivendo l’oggi, consapevoli o meno di ciò che siamo, di cosa ci spinge e di come agiamo. Queste carte sono strumenti non per anticipare la conoscenza del futuro, ma per comprendere noi stessi e come ci muoviamo nel mondo.
È bene, quindi, imparare a vedere il presente come punto da cui si apre un ventaglio di infinite possibilità. Il libero arbitrio consiste nello scegliere una di queste possibilità.

A questo punto la concezione divinatoria dei tarocchi va totalmente ribaltata.
La loro funzione è quella di aprire una porta, un varco verso il nostro mondo interiore, e permettere la trasformazione di schemi mentali ed emotivi che bloccano la nostra essenza.

Dando spazio alla nostra mente analogica penetriamo il significato dei simboli, e cogliamo i nostri movimenti interiori. Quando ci apriamo al “sentire” e vediamo le energie attive dentro di noi, diamo libera circolazione a un potenziale di creatività e soluzioni per il nostro presente quale base del nostro futuro.

 

Per appronfondimento: Corrispondenze archetipali

 

“Mi apro alla chiusura”

Considerazioni sul “Chiudere”

 

Il termine chiusura ha generalmente una connotazione negativa; è sinonimo di “finire qualcosa” con dolore, rancore o rimpianti oppure con sollievo perché si lascia ciò che non ci rende più felici. Associamo la chiusura a un “fine rapporto” di lavoro o relazionale. In realtà questa parola ha in sé infinite possibilità proprio per la sua valenza intrinseca di punto fermo.

Una chiusura consueta è quella dell’ultimo dell’anno. Aspettiamo la notte di San Silvestro con speranza per l’anno che verrà, pronti a dimenticare  le difficoltà e le delusioni vissute nell’anno trascorso.

Il titolo offre due letture: aprirsi a una nuova visione di ciò che è il chiudere sottolineando nel contempo la necessità di identificare ciò che è finito per lasciare spazio al nuovo.

In questo incontro approfondiremo il concetto di chiusura e come portare a termine in grazia e armonia ciò che non ha più rilevanza per noi, in modo da camminare nella vita con serenità e una nuova consapevolezza.

“ Solo chi ha la forza di scrivere la parola fine, può scrivere la parola inizio”
Lao Tsu

 

Per informazioni e iscrizioni: Contatti

Il triangolo del dramma

Terzo incontro del ciclo “Relazioni”

 

Conferenza – Ingresso libero

Martedì 1 dicembre ore 20,30-22,30 ca. Online
Sabato 5 dicembre ore 15,00-17,00 ca. In presenza

 

A volte ci troviamo di fronte a richieste di aiuto che non riusciamo a soddisfare  o  siamo   noi stessi ad aver bisogno di sostegno e quello offerto non è adeguato.  Viviamo, quindi,    la frustrazione di non veder soddisfatta una necessità profonda oppure sentirsi incastrati   in rapporti dai quali non traiamo  alcun  conforto.  In  certi  casi,  questi  si esplicano con modalità tali che troviamo una sola possibile soluzione: rassegnarsi per sopravvivere.

Nelle relazioni di questo tipo le persone non sono poste sullo  stesso  piano.  Come  nel conflitto entrano in gioco  i  ruoli di vincitore e vinto,  ma non solo: si presenta  una terza figura.

Chi personifica questa figura? In quale misura questi ruoli influenzano la nostra vita?

Come un baco da seta avete costruito un bozzolo intorno a voi stessi. Chi vi salverà?
Frantumate il bozzolo e uscite fuori come la farfalla meravigliosa, come l’anima libera.

Swami Vivekananda

Adesione entro sabato 28 novembre

La partecipazione in presenza è a numero limitato

Per iscrizione:  contatti

 

Settembre…

di Ermanna

Molti non amano il mese di settembre perché è un ritorno alla routine. Si rientra da un periodo di ferie e riprendono le scuole, impegni personali e professionali in prima linea. Anche chi non ha potuto godere delle vacanze nei mesi estivi è riuscito a prendersi dei momenti di svago. Qualche gita fuori porta, un pomeriggio in piscina, una passeggiata nel parco vicino a casa… Tutte attività che raramente si fanno durante il resto dell’anno, sia per le temperature meno favorevoli, sia per i momenti di ritrovo familiare e sociale più frequenti legati alle festività, ma anche perché d’estate ci sentiamo più liberi, il corpo non più costretto in abiti pesanti e la mente orientata verso cose piacevoli. Anche quest’anno, l’estate più strana che abbiamo vissuto negli ultimi anni, siamo riusciti a ritagliarci dei momenti sereni.

Settembre è quello che ritengo sia il vero inizio dell’anno. Un inizio che non fa cambiare il calendario, che non si presenta con botti e festeggiamenti.
Il mese di settembre può essere considerato il momento di bilancio per le nostre attività: abbiamo raccolto e gustato i frutti delle nostre fatiche (cosa sono le vacanze e le ferie, se non proprio il rilassamento dopo un anno di lavoro?), e ora è il momento di preparare i progetti per l’anno a venire. Nel contempo, a settembre avviene per la seconda volta il perfetto equilibrio tra la luce e il buio. Operosi anche più di undici mesi all’anno, noi non riusciamo a cogliere l’importanza del passaggio dalla solarità dell’estate alla lenta discesa verso l’inverno che si manifesta con l’equinozio di autunno.
In questo periodo il contadino si confronta con la terra, per liberarla dai residui delle colture precedenti e preparare il terreno per l’aratura e la successiva semina. Allo stesso modo, noi possiamo disintossicare il nostro corpo e la nostra mente dagli strascici estivi e prepararci a uno stile di vita più sobrio e riflessivo.

Un inizio, quello di settembre, che arriva quasi in sordina, non sempre ben accolto, ma che cela il valore della trasformazione. Settembre è il mese della vendemmia; nell’antichità alcune tradizioni associavano la trasformazione dell’uva in vino alla trasformazione spirituale dell’uomo.
Forse, in questo periodo dell’anno, la natura ci indica la via per iniziare la discesa verso la parte più intima e profonda di noi. Avviarsi verso questo inverno interiore, induce alla riflessione su come affrontare le prove che si presenteranno, ma che, proprio in virtù del cambiamento personale che comporta il superarle,  permetteranno alla nostra essenza di svilupparsi e manifestarsi.

Buon inizio d’anno.