Il tempo del raccolto

 

di Ermanna

Un tempo i ritmi di vita, scanditi dalle stagioni naturali e dalle stagioni interiori, erano più lenti e lasciavano tempo al corpo e alla psiche di adattarsi alle nuove situazioni (fisiologiche, psichiche, emozionali, relazionali, ecc.). Non si sentiva la necessità di rendere più veloce i cambiamenti o ignorarli.

L’estate era un periodo di intenso lavoro fisico, si raccoglievano i frutti dell’impegno precedente, ma era anche un momento di grande soddisfazione interiore, certi del sostentamento nella successiva stagione invernale. Nonostante il tempo ristretto per il raccolto, che poteva deteriorarsi in fretta, l’uomo rispettava i momenti di riposo: il giorno durava più a lungo, ma al calare della sera tutte le attività venivano interrotte per ritemprare il corpo, dedicarsi alla famiglia e alle relazioni umane nel silenzio e nella pace  che accompagnava con dolcezza verso la quiete del sonno.
Nel mondo attuale questi “tempi” non sono  più conformati in tal modo. Si è impegnati tutto il giorno, fino a tarda sera o notte. Così facendo non permettiamo più al nostro corpo e alla nostra psiche di accettare gradatamente i cambiamenti, siano essi dovuti alle stagioni interiori dell’età, siano essi dovuti a una modificazione di ritmi personali, relazionali o sociali. È “tutto e subito” oppure è “ignorare” o “rifiutare”.

Questi ultimi mesi, passati in uno stato di confino domestico, sembra siano arrivati proprio per aiutarci a riconoscere quanto le ultime generazioni si sono lasciate sfuggire.

È arrivato il momento del raccolto: quali sono i frutti nel nostro campo, quest’anno? Ognuno di noi si era posto degli obiettivi, sia professionali sia personali, e aveva fatto progetti, ma uno stravolgimento inaspettato ha cambiato le carte in tavola, dimostrando una volta di più che la vita non si può sempre imbrigliare in schemi preordinati. Ora ci domandiamo: cosa abbiamo seminato e cosa significa raccogliere in questo contesto?
Raccogliere, dal mio punto di vista, significa osservare quanto abbiamo realizzato con oggettività e senza giudizio. Abbiamo vissuto un periodo di forte tensione psicologica ed emotiva (senza escludere quella economica), orientati quasi esclusivamente a guardare impotenti quella che è stata una situazione sanitaria molto difficile a livello mondiale. Forse, oggi, ci sembrerà di non aver vissuto davvero, non aver colto il passare del tempo, o forse abbiamo sofferto per non poter fare, per non poter andare, per non poter… .
Forse desideriamo solo dimenticare e tornare “alla normalità”.
Bene o male che siano andate per noi, le cose hanno prodotto un risultato: quello che oggi siamo grazie a un improvviso cambiamento forzato. Ora guardiamo con trepidazione e speranza il prossimo futuro.
Qualsiasi esperienza abbiamo fatto, nel dolore o nella serenità, ci ha condotti qui. Sta a noi decidere come proseguire. Questo è il momento di fermarsi e chiedersi che tipo di estate vivere: ripiegati sul passato recente che ci ha privato di tanta “libertà” o aprendoci al futuro, utilizzando strumenti come pazienza, capacità di relazione e osservazione di noi stessi, che questo periodo difficile ci ha offerto la possibilità di affinare? Vivere il futuro non è dimenticare il passato, ma tenerlo come esperienza formativa per conoscere un pò di più noi stessi. Le nostre scelte attuali pongono nuove basi per la nostra vita.

LA STRADA CHE NON HO PRESO

Due strade divergevano in un bosco d’autunno
e, dispiaciuto di non poterle percorrere entrambe
essendo un solo viaggiatore, a lungo indugiai
fissandone una, più lontano che potevo
fin dove si perdeva tra i cespugli.

Poi presi l’altra, che era ugualmente buona,
e aveva forse l’aspetto migliore
perché era erbosa e meno calpestata.
Sebbene il passaggio le avesse rese quasi uguali,

ed entrambe quella mattina erano ricoperte di foglie
che nessun passo aveva annerito.
Oh, mi riservai la prima per un altro giorno
anche se, sapendo che una strada conduce verso un’altra,
dubitavo che sarei mai tornato indietro.

Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra molti anni:
due strade divergevano in un bosco ed io…
io presi la meno battuta,
E questo, solo questo fece la differenza.

Robert Frost (1)

 

Buona Estate.

 

(1) – Robert Frost 1874-1963
Poeta, vincitore di diversi premi Pulitzer, è conosciuto per i suoi paesaggi poetici dell’America rurale e dell’animo umano.

 

Doni dalla Terra – I Cristalli

  Conferenza a ingresso libero

Sabato 27 giugno ore 15,00-17,00 circa
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Martedì 30 giugno ore 20,30-22,30 circa

 

I greci consideravano la Terra un’entità viva, non solo perché era popolata da esseri viventi, ma anche perché, secondo loro, era il pianeta stesso a essere talmente attivo, talmente modificabile nel tempo da far presupporre che il suo interno fosse un essere vivente.

È possibile che i minerali siano vivi e posseggano in loro la forza del nostro pianeta?

In questo incontro considereremo alcune delle infinite sfaccettature con cui questo dono si esplica, avvicinandoci un poco a un mondo affascinante e poliedrico.

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In osservanza alle norme di sicurezza sanitaria attualmente in vigore,  l’ingresso è limitato a un numero massimo di  7 partecipanti a incontro. Per motivi organizzativi  si richiede

l’adesione entro Martedì  23 GIUGNO 

(pagina dei contatti)       Si prega di lasciare un recapito telefonico.

 

Calendario

 

 

 

 

Riprendono le attività … Meditando

Primo incontro – Entrata libera

Venerdì 19 giugno ore 17,00 -18,30 circa
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Lunedì 22 giugno ore 20,30-22,00 circa

 

Durante questo ultimo periodo, ci siamo trovati a vivere una situazione che potremmo definire non solo imprevista, ma del tutto insolita e destabilizzante. Stress, frustrazione e preoccupazione per il futuro ci hanno privato della possibilità di godere del riposo forzato a cui siamo stati costretti. I pensieri si sono accavallati con le difficoltà della gestione familiare e di tutto il contesto sociale-lavorativo all’interno di quattro mura. Non avere un “rifugio” per scaricare le tensioni ha impedito di riguadagnare l’equilibrio interiore che ci auspicavamo trarre dai giorni di lockdown.

Attraverso le tecniche meditative abbiamo ora l’opportunità di occuparci finalmente di noi stessi,  ritrovando un momento di silenzio dedicato alla nostra interiorità.

Nel primo incontro vedremo i vari benefici della meditazione e ne faremo una prima esperienza. Nei quattro incontri successivi si esploreranno altre tecniche per comprendere quale, tra quelle proposte, sia la più adatta a noi.

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In osservanza alle norme di sicurezza sanitaria attualmente in vigore,  l’ingresso è limitato a un numero massimo di  7 partecipanti a incontro. Per motivi organizzativi  si richiede

l’adesione entro MARTEDI’ 16 GIUGNO .

(pagina dei contatti)       Si prega di lasciare un recapito telefonico.

 

 

Ascoltare significa…

Estratto da :  “L’arte di andare avanti”  di Jorge Bucay –  Ed. Rizzoli Etas

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Abbiamo due orecchie e una sola bocca
per ricordarci che dobbiamo ascoltare il doppio e
parlare la metà.                                   Talmud

 

Il passo successivo del nostro cammino verso il cambiamento e il miglioramento si può semplicemente sintetizzare con queste parole: “impara ad ascoltare“. E a un primo impatto non dovrebbe sembrarci neanche tanto difficile. Tuttavia per molti di noi non sarà così semplice. […] Siamo nati e cresciuti circondati da presunti “tuttologi” che credono di sapere tutto e che devono diffondere racconti di eroi o incredibili gesta che appartengono solo a loro. Siamo troppo abituati a incontrare a ogni angolo della città una persona innamorata del proprio discorso.
Questa è la ragione per cui la maggior parte delle persone con cui ho avuto a che fare, per compiere questo passo, dovrebbe incominciare con un gesto che, per quanto banale, è stato poco esercitato e quasi mai insegnato. È necessario “iniziare” ad ascoltare.

Ascoltare significa ASCOLTARE.
E non solo fare una pausa nel discorso e permettere che, mentre recupero il fiato, l’altro possa pronunciare un paio di parole.

Ascoltare significa ASCOLTARE.
E non si tratta di un’attenta e selettiva ricerca nei discorsi altrui delle parole che mi servono per agganciare “con arte” il mio argomento. Come se una conversazione dovesse essere un incontro con un compagno che mi espone le sue idee per permettermi di diffondere il mio personale pensiero.

Ascoltare significa ASCOLTARE.
E non è sinonimo di cedere temporaneamente il microfono a un altro che prima non avete nemmeno ascoltato.

Io sto parlando dell’attiva e rischiosa arte dell’ascolto che consiste nel comprendere e analizzare ciò che l’altro ha detto, sia che mi trovi d’accordo sia che mi trovi in disaccordo, con la consapevolezza che quelle parole sono rivolte a me, in uno specifico momento storico della sua vita. A me.

Hugh Prather nel suo libro “Palabras a mì misto” (Parole a me stesso) scrive:
“Nessuno è mai in errore,
caso mai gli manca un pezzo di informazione“.

E io aggiungerei:
“Senza contare su quella parte di informazione, e rifiutandomi di accettare che ho delle lacune, non crederò di stare commettendo un errore e lo difenderò con la certezza di colui che sa di avere ragione“.

Come lo stesso Prather raccomanda, sarebbe bene che, a meno di non essere troppo interessato a mostrarmi superiore, mi concentrassi ad ascoltare ciò che l’altro dice, per ricevere quella piccola informazione che si suppone mi manchi.
Se è veramente così (e chiunque la pensi in questo modo non può che accettare tale realtà), per quale motivo ci costa tanto aprirci ad ascoltare in maniera così libera e sincera? Perché poniamo tanta resistenza prima di aprire le nostre orecchie e il nostro cuore a ciò che le persone vogliono dirci?

[…] Non fossilizziamoci sulle nostre opinioni, convincendoci che sono certezze assolute e assiomi fondamentali. Perché in questo caso…
O… stimiamo più del dovuto ciò che conosciamo e disprezziamo quello che ignoriamo.
O… ci rifugiamo in quello che abbiamo imparato nella nostra gioventù e ci vergogniamo di accettare di fronte a noi stessi e di fronte agli altri che stiamo sbagliando.
O… opponiamo resistenza ad alcune verità che non ci conviene accettare o che ci causano dolore.
O… siamo capaci di mettere insieme tutte queste cose, ogni volta che incontriamo una persona.

[…] E per superare questo ostacolo non si può prescindere dall’ascoltare quello che gli altri ci fanno notare e le ipotesi di miglioramento che ci propongono. Molte volte è l’unico modo per renderci conto di quegli aspetti del nostro essere di cui non riusciamo ad acquisire consapevolezza.

Il mondo come lo vedo io

Estratto da: “Il mondo come lo vedo io” di Albert Einstein – Riflessioni dal 1934 al 1955 – Parte prima

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IL SENSO DELLA VITA

Qual è il senso della vita, o della vita organica in generale?
Rispondere a questa domanda implica comunque una religione. Mi chiederete, allora, ha un senso porla? lo rispondo che l’uomo che considera la propria vita e quella delle creature consimili priva di senso non è semplicemente sventurato, ma quasi inidoneo alla vita.

IL MONDO COME LO VEDO IO

Quale straordinaria situazione è quella di noi mortali! Ognuno di noi è qui per un breve soggiorno; non sa per quale scopo, sebbene talvolta pensi di percepirlo. Ma dal punto di vista della vita quotidiana, senza approfondire ulteriormente, noi esistiamo per i nostri consimili ­ in primo luogo per quelli che ci rendono felici con i loro sorrisi e il loro benessere e, poi, per tutti quelli a noi personalmente sconosciuti ai cui destini siamo legati dal vincolo della solidarietà. Cento volte al giorno, ogni giorno, io ricordo a me stesso che la mia vita, interiore ed esteriore, dipende dal lavoro di altri uomini, viventi o morti, e che io devo sforzarmi per dare nella stessa misura in cui ho ricevuto e continuo a ricevere. Sono fortemente attirato dalla vita semplice e spesso sono oppresso dalla sensazione di assorbire una quantità superflua del lavoro dei miei consimili. Considero le differenze di classe contrarie alla giustizia e, in caso estremo, basate sulla forza. Considero altresì che la vita semplice faccia bene a tutti, fisicamente e mentalmente.

Non credo assolutamente nella libertà dell’uomo in senso filosofico. Ognuno agisce non solo sotto stimoli esterni, ma anche secondo necessità interne. L’affermazione di Schopenhauer che «un uomo può fare come vuole, ma non può volere come vuole», è stata un’ispirazione per me fin dalla giovinezza, e una continua consolazione e inesauribile sorgente di pazienza di fronte alle difficoltà della vita, mia e degli altri. Tale sentimento mitiga pietosamente il senso di responsabilità che così facilmente diventa paralizzante e ci garantisce dal prendere noi e gli altri troppo sul serio; conduce a una visione della vita in cui l’ “umorismo” sopra ogni altra cosa, ha il peso dovuto.

Indagare sul senso o sullo scopo della propria esistenza, o della creazione in generale, mi è sempre parso assurdo da un punto di vista obiettivo. Eppure tutti hanno certi ideali che determinano la direzione dei loro sforzi e dei loro giudizi. In questo senso non ho mai considerato l’agiatezza e la felicità come fini in se stessi, una tale base etica la ritengo più adatta a un branco di porci. Gli ideali che hanno illuminato il mio cammino, e che via via mi hanno dato coraggio per affrontare la vita con gioia, sono stati la verità, la bontà e la bellezza. Senza il senso di amicizia con uomini che la pensano come me, della preoccupazione per il dato obiettivo, l’eternamente irraggiungibile nel campo dell’arte e della ricerca scientifica, la vita mi sarebbe parsa vuota. Gli oggetti comuni degli sforzi umani ­ proprietà, successo pubblico, lusso ­ mi sono sempre sembrati spregevoli.

Albert Einstein
Estratto da “Il mondo come lo vedo io” Parte Prima
Riflessioni dal 1934 al 1955