I bambini imparano ciò che vivono

Senza nome

Se un bambino vive nella critica, impara a condannare.
Se un bambino vive nell’ostilità, impara ad aggredire.
Se un bambino vive nel timore, impara a essere apprensivo.
Se un bambino vive nella pietà, impara a commiserarsi.
Se un bambino vive nello scherno, impara a essere timido.

Se un bambino vive nella gelosia, impara cos’è l’invidia.
Se un bambino vive nella vergogna, impara a sentirsi in colpa.
Se un bambino vive nell’incoraggiamento, impara a essere sicuro di sé.
Se un bambino vive nella tolleranza, impara a essere paziente.
Se un bambino vive nella lode, impara ad apprezzare.
Se un bambino vive nell’accettazione, impara ad amare.
Se un bambino vive nell’approvazione, impara a piacersi.
Se un bambino vive nel riconoscimento, impara che è bene avere un obiettivo.
Se un bambino vive nella condivisione, impara la generosità.
Se un bambino vive nell’onestà e la lealtà, impara cosa sono la verità e la giustizia.
Se un bambino vive nella sicurezza, impara ad avere fiducia in se stesso e in coloro che lo circondano.
Se un bambino vive nella benevolenza, impara che il mondo è un bel posto in cui vivere.
Se vivi con serenità, il tuo bambino vivrà con la pace dello spirito.
Con che cosa sta vivendo il tuo bambino?

di Dorothy Law Nolte

Imprevisti

Conferenza Ingresso libero

IMPREVISTI Come affrontare situazioni problematiche inattese in modo efficace e dare nuove possibilità alla nostra vita.

Quando si parla di gestione degli imprevisti si pensa al mondo del lavoro. La ricerca in rete suggerisce soluzioni su come anticipare eventi che potrebbero creare rallentamenti o problemi nelle attività lavorative, ma non considera gli aspetti personali, sociali e familiari. Anche quando l’evento è solo in ambito lavorativo, noi siamo esseri umani e gli imprevisti ci colpiscono fortemente prima nella sfera personale e solo in seguito in quella professionale.

Come possiamo agire in modo efficace quando siamo in balia della confusione e delle emozioni causate da un imprevisto?

In questo incontro guarderemo la nostra umanità e da quali forze siamo travolti nel momento in cui qualcosa irrompe nella nostra routine.

Martedì 10 dicembre 2019 ore 20,30-22,00 – Sabato 14 dicembre 2019  ore 15,00-16,30

Il vero valore dell’anello

“Sono venuto qui, maestro, perché mi sento così inutile che non ho voglia di fare nulla. Mi dicono che sono un inetto, che non faccio bene niente, che sono maldestro e un po’ tonto.
Come posso migliorare? Che cosa posso fare perché mi apprezzino di più?”.

Il maestro gli rispose senza guardarlo: “Mi dispiace, ragazzo. Non ti posso aiutare perché prima ho un problema da risolvere. Dopo, magari…”. E dopo una pausa aggiunse:
“Ma se tu mi aiutassi, magari potrei risolvere il mio problema più in fretta e dopo aiutare te”.
“Con…piacere, maestro” disse il giovane esitante, sentendosi di nuovo sminuito visto che la soluzione del suo problema era stata rimandata per l’ennesima volta.
“Bene” continuò il maestro. Si tolse un anello che portava al mignolo della mano sinistra e, porgendolo al ragazzo, aggiunse: “Prendi il cavallo che c’è là fuori e va’ al mercato. Ho bisogno di vendere questo anello perché devo pagare un debito. Vorrei ricavarne una bella sommetta, per cui non accettare meno di una moneta d’oro. Va’ e ritorna con la moneta d’oro il più presto possibile”.

Il giovane prese l’anello e partì.

Appena fu giunto al mercato iniziò a offrire l’anello ai mercanti, che lo guardavano con un certo interesse finché il giovane diceva il prezzo.

Quando il giovane menzionava la moneta d’oro, alcuni si mettevano a ridere, altri giravano la faccia dall’altra parte e soltanto un vecchio gentile si prese la briga di spiegargli che una moneta d’oro era troppo preziosa in cambio di un anello. Pur di aiutarlo, qualcuno gli offrì una moneta d’argento e un recipiente di rame, ma il giovane aveva istruzioni di non accettare meno di una moneta d’oro e rifiutò l’offerta.
Dopo avere offerto il gioiello a tutte le persone che incrociava al mercato – e saranno state più di cento- rimontò a cavallo demoralizzato per il fallimento e intraprese la via del ritorno.
  Quanto avrebbe desiderato avere una moneta d’oro per regalarla al maestro e liberarlo dalle sue preoccupazioni! Così finalmente avrebbe ottenuto il suo consiglio e l’aiuto.

Entrò nella sua stanza.
“Maestro” disse “mi dispiace. Non è possibile ricavare quello che chiedi. Magari sarei riuscito a ottenere due o tre monete d’argento, ma credo di non poter ingannare nessuno riguardo il vero valore dell’anello.”
“Quello che hai detto è molto importante, giovane amico” rispose il maestro sorridendo. “Prima dobbiamo conoscere il vero valore dell’anello.
Rimonta a cavallo e vai dal gioielliere. Chi lo può sapere meglio di lui? Digli che vorresti vendere l’anello e chiedigli quanto ti darebbe. Ma non importa quello che ti offre: non glielo vendere. E ritorna qui con il mio anello.”

Il giovane riprese di nuovo a cavalcare.

Il gioielliere esaminò l’anello alla luce della lanterna, lo guardò con la lente, lo soppesò e disse al ragazzo:
“Dì al maestro, ragazzo, che se vuole vendere oggi stesso il suo anello, non posso dargli più di cinquantotto monete d’oro”.
“Cinquantotto monete?” esclamò il giovane.
“Sì” rispose il gioielliere. “Lo so che avendo più tempo a disposizione potremmo ricavare circa settanta monete d’oro, ma se ha urgenza di vendere…”

Il giovane si precipitò dal maestro tutto emozionato a raccontargli l’accaduto.

“Siediti” disse il maestro dopo averlo ascoltato. “Tu sei come questo anello: un gioiello unico e prezioso. E come tale puoi essere valutato soltanto da un vero esperto.
Perché pretendi che chiunque sia in grado di scoprire il tuo vero valore?”

E così dicendo si infilò di nuovo l’anello al mignolo della mano sinistra.

Collaborazione

di Ermanna

Il mondo del lavoro richiede, tra le varie competenze,  la capacità di collaborare. Paradossalmente, questo sembra essere proprio ciò che l’uomo di oggi trova più difficile da inquadrare. Sembra che non ci si riesca a capire.

Spesso siamo convinti di essere persone collaborative. Chi ci sta intorno potrebbe non condividere la nostra affermazione. Cosa ci frena dal mettere in atto una fattiva collaborazione?

Ciò che a volte impedisce il condividere pensieri e mettere a disposizione capacità, conoscenze e informazioni è la paura. Paura di essere derisi perché non si crede veramente nelle proprie idee o in se stessi; paura che ci vengano sottratti suggerimenti geniali per i quali altri potrebbero prendersi il merito; paura di esporsi; paura di essere sfruttati, di fare il lavoro degli altri; paura di assumersi troppi impegni; paura di perdere opportunità; paura di perdere l’autorità acquisita; paura che dando qualcosa di sé se ne possa rimanere privi.
Altre volte l’ostacolo è il desiderio di dimostrare di essere i migliori, di non lasciarsi schiacciare, di sentirsi leader, o perché si è convinti di sapere qual è la cosa migliore; e via di seguito.
Franklin D. Roosevelt ha affermato “Competere è molto utile, ma solo fino ad un certo punto. Collaborare, invece, è quella cosa che inizia quando finisce la rivalità“.

Questi atteggiamenti accadono perché si intende questo termine come “lavorare con gli altri”. Etimologicamente deriva da Cum- labor- agere, fare un lavoro insieme e, per estensione, agire in armonia con chi lavora insieme a noi. La collaborazione, quindi, si colloca a un livello superiore rispetto al lavoro insieme. Collaborando le persone mettono in comune competenze, conoscenze, talenti, informazioni e risorse. Collaborare è mettere a disposizione quanto si è e quanto si ha per arricchire e per arricchirsi.

Saper collaborare prevede una serie di capacità che ogni uomo possiede e a cui ha la possibilità di dare spazio e sviluppare. Prioritariamente capacità che si possono definire interiori quali formulare pensieri originali e esprimerli in modo chiaro e inequivocabile; ascoltare l’altrui pensiero, sia razionale sia emozionale; entrare in empatia con gli altri. Altre doti più specifiche e personali che sono differenti da persona a persona, quali la capacità di coordinare idee e persone e la capacità di pianificare un percorso condiviso. Ultima, ma non meno importante, la capacità di adattamento. Questo origina la spontaneità e l’affiatamento che permettono di trovare il giusto equilibrio nella relazione paritaria tra le persone. Si creano quindi le condizioni per arrivare più facilmente al raggiungimento dell’obiettivo.

In internet, le immagini legate alla parola collaborazione si presentano accattivanti, colorate, dinamiche e spiritose. Ma più significativa di altre è quella che deriva dalla storia dell’asino di Buridano [1].

In questa immagine viene racchiuso tutto il significato della parola. Agire insieme per il bene comune, disinteressatamente, sapendo che tutti gioveranno del beneficio ottenuto. Si può obiettare che un asino potrebbe mangiare più dell’altro all’inizio, ma sarà già in parte sazio quando affronterà il secondo mucchio d’erba, permettendo anche all’altro di sfamarsi. Questa è la capacità di adattamento che il secondo asino mette in atto.

Perché è fondamentale la collaborazione? Semplicemente perché la sinergia tra le persone produce un risultato migliore rispetto a quanto potrebbe fare una persona da sola.

La collaborazione è vista soprattutto in campo lavorativo, ma è fondamentale anche in tutti gli altri ambiti della vita: in famiglia, con gli amici, nei rapporti condominiali, nei momenti più impensati come andare a fare spese, dal parrucchiere o semplicemente fare una passeggiata nel bosco o in riva al mare in perfetta solitudine. Come possiamo collaborare durante una passeggiata nel bosco? Collaboriamo con la natura ascoltandone i suoni, sentendone gli odori e percependo la bellezza delle forme e dei colori. Entrando in sintonia con essa. Rispettandone il suolo e la vegetazione, permettendo a chi passerà dopo di noi di godere della stessa magnificenza.

Collaborare è entrare in sintonia con chi e con ciò che ci sta intorno. È rispettare l’altro e permettergli di esprimersi, senza giudizio, nella condivisione e nella critica costruttiva delle idee, non della persona.

[1] Giovanni Buridano, filosofo francese del XIV secolo (Jean Buridan), spiegò il suo pensiero con la metafora dell’asino che, posto di fronte una scelta difficile, un secchio di cibo e uno di acqua posti alla stessa distanza, non sapendo decidere se avesse più fame o più sete, non si mosse e morì di fame e di sete. L’indecisione paralizzante tra due scelte, tra due soluzioni a un problema viene definita “fare l’asino di Buridano”. Si presume che siano stati i detrattori del filosofo a introdurre questo modo di dire per dimostrare l’infondatezza delle sue teorie. Il filosofo era convinto, infatti, che la volontà agisce se l’intelletto ha trovato una soluzione, mentre di fronte a una scelta tra due opzioni ritenute equivalenti dall’intelletto, la volontà si blocca. http://www.sapere.it/sapere/strumenti/domande-risposte/di-tutto-un-po/perche-si-dice-fare-asino-buridano.html ”Sapere.it”

Inizia il viaggio…

Estratto da: ” Il buon libro” di Anthony C. Grayling – Ed. Ponte alle Grazie

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Nel giardino c’è un albero. In primavera fiorisce, in autunno dà frutti. Il suo frutto è la conoscenza, insegna al buon giardiniere come comprendere il mondo. Da esso egli apprende che l’albero si sviluppa dal seme all’arboscello, dall’arboscello alla maturità, finalmente pronto a offrire altra vita; e dalla maturità fino alla vecchiaia e al silenzio, da cui ritorna agli elementi delle cose. A loro volta gli elementi alimentano nuove nascite; è questo il sistema della natura, nonchè il parallelo con il procedere dell’umanità. È stato con la caduta  di un frutto da quest’albero che è venuta l’ispirazione per l’indagine sulla natura delle cose, quando Newton, seduto nel suo giardino, vide ciò che nessun altro aveva mai visto prima: che una mela attrae la terra a sè, come la terra attrae la mela, mediante una reciproca forza della natura che tiene tutte le cose, dai pianeti alle stelle, in un abbraccio unitario. Così tutte le cose sono raccolte in una: l’universo naturale, nel quale stanno tanti mondi: le sfere di luce in un’immensità di spazio e tempo, e tra esse i satelliti, su uno dei quali sta una parte della natura che rispecchia in sé la natura, e può ponderare la propria bellezza e il proprio significato e cercare di comprenderla: il genere umano. Tutte le altre cose, nei loro cicli e nei loro ritmi, esistono in sé e a sé; ma nell’umanità c’è anche l’esperienza, ossia ciò che fa il bene e il suo contrario, e in entrambi l’umanità cerca di cogliere il senso delle cose

– Anthony C. Grayling, Il buon libro – Ed. Ponte alle Grazie